Probabilmente gli appassionati più intransigenti del grind guarderanno con sospetto l’evoluzione che ha interessato in questi ultimi tempi, un genere così estremo. E’ innegabile però che le commistioni tra noise-hardcore o hard-rock portate in auge da band come Iron Monkey o Converge hanno dato linfa ed idee soprattutto alle nuove leve proprio come i Labrat. Il quartetto londinese si è guadagnato sul campo, grazie a foscose esibizioni in patria e lusinghiere recensioni, lo status di next big thing della scena estrema, speranza che questo primo disco sicuramente potrebbe realizzare. Lungi da forme di “estremismo da classifica”, i Labrat cercano la propria via al grind grazie a forti iniezioni di evoluzione in un suono pulito e scarno, sfuggendo all’ovvio sia per quanto riguarda i tipici stacchi ritmici, sempre molto aggressivi ed originali, sia per quanto riguarda le chitarre con intrecci stilistici che vanno dal death floridiano all’hard più acido alla Iron Monkey. Ascoltando le canzoni matura così la convinzione di trovarsi di fronte ad un act frutto di un crossover tra molteplici estremismi, qualcosa di ben più raffinato di quanto immaginabile e che relega la definizione grind alla voce abrasa ed ai titoli in pieno stile ironico-nichilista.
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