Quanti insulti ha ricevuto questo disco? Sicuramente troppi.
Anzi, a dirla tutta non ci vedo alcun motivo per criticarlo aspramente, visto oltretutto che rappresenta un progresso rispetto al predecessore, oltre ad essere l’ultimo grande disco dei
Maiden (dopo di lui, solo Brave New World riuscirà ad avvicinarsi).
Be Quick Or Be Dead è un’opener in classico stile Maiden, seguita dalla melodica
From Here To Eternity, altro pezzo da tenere in alta considerazione. Le osannate
Afraid To Shoot Strangers e
The Fugitive sinceramente non mi hanno mai detto più di tanto: meglio la pomposa e teatrale
Fear Is The Key o la splendida ballad
Wasting Love. Trascurabili
Childhood’s End e
The Apparition, a mantenere alto il livello qualitativo generale sono le tre bellissime tracce più dirette e immediate:
Chains Of Misery, Judas Be My Guide e
Weekend Warrior. Chiusura giustamente affidata a un brano che ha segnato un’epoca e che chiude idealmente il primo periodo Dickinson della storia Maiden, quella
Fear Of The Dark che ancora oggi è l’inno metal internazionale per eccellenza, un classico intramontabile, che col tempo ha anche un po’ tritato i maroni (sic…) eppure riesce ancora a mobilitare e unire migliaia di persone in cori senza età.
Parecchi filler, è vero, ma anche tante novità nei suoni e nella struttura dei brani. Se pensate che più melodia voglia dire necessariamente sputtanamento, probabilmente usiamo due vocabolari diversi. Il mio consiglio è quello di andare a risentirlo per bene, perché è un bellissimo disco e perché rappresenta la fine di un’epoca d’oro che, purtroppo, non tornerà più.