Immaginate la scena: ero impazzito dalla delusione del nuovo Testament, atteso da me come il 13 al totocalcio che purtroppo quest’anno non è arrivato, e mi trovo sottomano questi Hammerfall, gruppo svedese di Goteborg.
Getto quasi con gesto di stizza il Cd nel lettore, e anche se Cristiano mi aveva assicurato che i nostri suonano un classico power metal, il mio genere preferito, non riuscivo a togliermi dalla mente il vocione incatarrito di Chuck Billy.
Ma sono bastate le prime note dell’opener ‘The Dragon Lies Bleeding’ a restituirmi il sorriso, quella gioia bambinesca che solo l’ascolto dei primi Helloween riesce ancora a donarmi.
Se ancora non avete compreso il valore degli Hammerfall da questo mio preambolo anche un po’ ridondante, allora vi dico che questo non è il solito ‘cinque’ assegnato un po’ frettolosamente ad un gruppo sì buono ma non trascendentale, ma uno di quei cinque storici che ancora dovevo assegnare a qualcuno da quando sono a Metal Shock e che veramente fanno la storia del metal, in questo caso classic e power.
Il quintetto svedese è l’ottimo incrocio delle classiche sonorità tedesche di metà anni ’80 ed anche un po’ prima ed il richiamo a bands come gli Helloween (eterna fonte d’ispirazione per chiunque appassionato del genere), Gamma Ray, Warlord, Accept e via dicendo è sintomo stavolta di qualità e non di mero scopiazzamento, grazie all’ottima vena compositiva di Oscar Dronjak e Joacim Cans, rispettivamente chitarra e voce, aiutati nel songwriting nientepopodimeno che da Jesper Stromblad, mente e leader dei mitici In Flames, che riesce a fondere gli elementi più epici ed aggressivi con quelli melodici ed accattivanti.
L’incedere del disco è incredibile, non un calo di qualità, non un errore od una banalità, solo un potente attacco frontale, ora veloce, ora cadenzato, poi epico e maestoso e di nuovo coinvolgente come i vecchi chorus di scuola teutonica sanno fare. Dopo la già citata ‘The Dragon Lies Bleeding’ che basterà anche a voi per capire il valore complessivo di ‘Glory to the Brave’ e dove troneggia la splendida voce di Joacim sempre su tonalità estreme, trovano spazio ‘The Metal Age’, forse la meno riuscita del lotto a causa di un’eccessiva rocciosità, la grandiosa Hammerfall che ci ricorda i licks tra Hansen e Weikath ai tempi di ‘Walls of Jericho, e la prima ballad ‘I Believe’, bellissimo esempio di come si possa suonare in maniera delicata ma non mielosa.
Riaprono le danze con la cover degli Warlord ‘Child of the Damned’, resa in maniera perfetta, e ‘Steel Meets Steel, uno degli episodi più ‘joyful’ dove la solista fa bella mostra di sé e le ritmiche sono più telluriche che mai. La successiva ‘Stone Cold’ è il brano che più si distanzia dagli altri a causa della sua matrice americana che ricorda vagamente i Dokken di ‘Lightnin Strikes Again’ ma è sicuramente il pezzo più epico.
Come nei fuochi d’artificio è il finale che entusiasma e ci pensa prima ‘Unchained’, vero inno al metal in cui la chitarra va a disegnare fantastiche melodie d’assalto, semplici ma meravigliosamente divine, supportate dai testi che definire eroici è un eufemismo (brothers in arms, the forces of steel meet again, born in the fire, we look to the sky, the power of metal unchained), roba da brandire la spada ed andare in giro a ‘punire’ gli eretici ed i miscredenti!!!
La conclusiva title-track è l’apoteosi di ciò che un vero metallaro potrebbe desiderare, una power ballad che partendo da un inizio pianistico con delle linee vocali struggenti e malinconiche veramente da brivido sfocia in un chorus che più epico di così non esiste.
Tutti coloro la pensino come me riguardo l’heavy metal (tanto ormai l’avete capito) si possono fiondare ad acquistare ‘Glory to the Brave’, sono sicuro al 100% che riterranno col senno di poi di aver investito i propri soldi nella maniera più giusta. ‘Glory to the Brave’ non è un disco, è uno stile di vita, è il sunto dei nostri ideali, è la bibbia!!!