Altro capolavoro firmato Code666. È stato questo il primo pensiero che mi è soggiunto quando il lettore cd mi ha avvisato che il trip era finito, un trip lungo 55 minuti. Questi
Aghora sono davvero dei musicisti eccezionali, infatti rubano la sezione ritmica alla “cult” band
Cynic. Stiamo parlando ovviamente di
Sean Reinert e
Sean Malone che allo stesso tempo sono la sezione ritmica anche dei
Gordian Knot. Con queste credenziali era davvero difficile non pensare ad un disco notevole. Ma la vera sorpresa a mio parere consiste nella bravura della rimanente line-up. Alla voce troviamo
Danishta Rivero, una vera e propria rivelazione, che per intensità ed emozionalità della voce non ha nulla da invidiare alle ben più celebrate colleghe quali
Anneke Van Giesbergen,
Tarja dei Nightwish e
Cristina Scabbia. Ma la vera anima del combo americano secondo me sono
Santiago Dobles dalle sorprendenti doti chitarristiche e compositive e
Charlie Ekendahl, chitarrista d’estrazione death metal. Ma come suonano gli
Aghora? Domanda da un milione di dollari.
La base è sicuramente progressiva e si stende sulle suadenti e avvolgenti melodie vocali di Danishta, supportata dalla sezione ritmica abile a spaziare da ritmi che molto devono alla fusion e al jazz ma che rimangono fedeli alla radice metal. La coppia d’asce a sua volta disegna pregevoli trame chitarristiche dando vita a melodie e suggestioni abili a ricreare momenti molto liquidi e dilatati che sanno trasportare l’ascoltatore nei misteri dell’oriente in una sorta di karma mistico decisamente acido. Il meltin’ pot di suoni e culture è decisamente avvincente e coinvolgente e state pur certi che la bravura tecnica degli Aghora non scade mai nella prolissità, nella noia o nella ripetitività, pur rimanendo una musica molto complessa e cerebrale. È una musica calda, avvolgente, suadente, esotica.
A mio avviso però, l’aspetto che bisogna sottolineare maggiormente è che le credenziali finora esposte non sono da ostacolo ad una facile assimilabilità e fruibilità della musica. Insomma complessi ma non difficili, e questo se permettete è un pregio che pochi possono vantare in ambito progressivo,
Dream Theater compresi.
A questo punto risulta inutile citare pezzi o rimarcare passaggi del disco il quale è dotato di un’organicità davvero notevole. Questo è un disco che non va analizzato, sezionato e scomposto. Come nella migliore tradizione acida e progressiva lo si infila nel lettore, si preme play , si chiudono gli occhi e si viaggia. Semplice no?
Valore aggiunto alla qualità musicale degli
Aghora è il lussuoso digipack con booklet e la succulenta traccia multimediale curata dal guru
Twan Sibon. Insomma cosa aspettate? Fatelo vostro e vi farete felici. A me basta un semplice grazie.
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