Nel 1981, negli Stati Uniti, per la precisione a New York, grazie alla volontà di due giovani compagni di classe, i chitarristi
Scott Ian e
Dan Lilker, prese forma una delle band più importanti della storia del Thrash Metal, gli
Anthrax. Appartenente a quelli che in seguito verranno definiti il cosiddetto "Big four" insieme a Metallica, Megadeth e Slayer.
Dopo svariati cambi di formazione e un demo in stile NWOBHM, gli
Anthrax trovarono, seppur per poco tempo, una stabilità di componenti, ovvero:
Scott Ian alla chitarra,
Dan Lilker, che cambierà ruolo da chitarrista a bassista,
Dan Spitz proveniente dagli Overkill (ancora agli albori) alla seconda chitarra,
Neil Turbin alla voce e
Charlie Benante alla batteria.
Con questa line-up pubblicheranno un demo intorno al 1983 il quale gli permetterà di essere notati dalla
Megaforce Records (la solita etichetta dei primi due lavori dei Metallica) che li mise sotto contratto, così che poco dopo poterono iniziare le registrazioni del loro debut album: "
Fistful of Metal", che vedrà la luce l'anno successivo, il 1984. Negli USA uscì con la
Megaforce Records, mentre in Gran Bretagna tramite la
Music for Nations e in Europa con la
Roadrunner.
Questo album sarà il primo e l'ultimo con l'attuale formazione, poiché
Neil Turbin verrà cacciato via dopo poche date live dalla sua registrazione; stessa sorte toccherà a
Dan Lilker, il quale andrà a formare i Nuclear Assault e in seguito i Brutal Truth. Essi verranno rimpiazzati dall'Ingresso di Frank Bello (basso) e Joey Belladonna (microfono) già a partire dallo storico Ep "Armed and Dangerous” (1985).
Il primo full-length dei newyorkesi è frequentemente sottovalutato, e se ascoltato con le orecchie di oggi potrebbe apparire solo come un discreto prodotto o poco più, mentre invece è stato un disco fondamentale per l’intero sviluppo del genere. Tutto sommato nel gennaio del 1984 esistevano soltanto due dischi prettamente Thrash: "Kill'em All" dei Metallica e "Show No Mercy" degli Slayer ("Ride the Lightning" e lo storico Ep "Haunting The Chapel" usciranno solo 6/7 mesi dopo); per il resto quanto di più estremo fosse possibile trovare passava per il nome di Motorhead, Venom, Mercyful Fate, qualcosa in ambito Hardcore e prodotti simili...
Il sound del gruppo di New York in questa prima release della carriera è ascrivibile ad un Thrash Metal senza troppi fronzoli, dalle tinte Speed recanti con sé forti richiami dell'eredità della NWOBHM, in particolar modo nella voce acuta di
Neil Turbin e in vari passaggi di chitarra. È altresì presente una vena Punk piuttosto forte, che seppur verrà mitigata con l'entrata di Belladonna – anch'egli tendente a tonalità alte e forse ancor più melodiche – continuerà a rimanere viva anche nei lavori futuri ma con sfumature meno violente.
Il mood generale è tagliente, arrembante, e sprigiona energia da tutti i pori. Non vi sono spazi per pezzi lenti (salvo “I
'm Eighteen” e qualche song oscillante), si gioca tutto sul filo della velocità con una serie di brani iconici e ficcanti a cui non è possibile restare indifferenti. Probabilmente rappresenta il lavoro più feroce degli
Anthrax, senza però sconfinare in una proposta eccessivamente seminale; ferocia che con il tempo assumerà forme più "scanzonate".
I cinque thrasher sono molto coesi e ogni membro svolge egregiamente la sua parte, a partire dalla coppia d'asce
Ian/Spitz, con riff catchy e assoli esaltanti dal gusto armonico da parte di
Spitz, su cui si staglia a sostegno l'ottima prestazione al basso di
Dan Lilker, sempre molto presente e incalzante con il suo groove maligno. In tutto ciò si inserisce alla perfezione il grande
Charlie Benante, che sfoggia una prova alla doppia cassa pazzesca. Probabilmente l'unico al netto del 1984 che era in grado di suonarla così...
Per quanto riguarda i testi, gli
Anthrax a differenza di molti loro colleghi non si sono mai concentrati più di tanto sul satanismo e l'occulto, ma hanno sempre avuto una vena a sfondo sociale, spesso sfociante nell'antifascismo e in generale contraria alle imposizioni, in piena tradizione Punk, senza disdegnare tematiche dalle tinte umoristiche. Qui in “
Fistful…” le liriche non sono ancora sviluppate a pieno, ma anzi si tratta di testi molto immaturi e stereotipati, in cui si narra di corse a velocità folli ("
Deathrider"), atti di violenza, di giustizia “fai da te” e di ribellione di ogni tipo, classici di una formazione che ha in mente solo l'obiettivo di scioccare ed essere più estrema possibile. Vi è spazio anche per qualche rudimentale ambientazione di guerra come "
Death From Above", e per atmosfere infernali nella conclusiva "
Howling Furies"; in cui si narra di un'anima che ha cessato la propria esistenza ed è destinata a divenire una schiava di Satana per l’eternità, poiché appartenente ad un individuo che in vita era stato bugiardo e imbroglione.
La resa sonora data dal lavoro in fase di produzione svolto da
Carl Canedy (il primo batterista della band Heavy/Epic Metal Manowar) nei Pyramid Sound Studios di Ithaca, nello stato di New York, è piuttosto buona e forse superiore se paragonata con quella di prodotti analoghi del suo tempo, seppur non altezza di esaltare l'album in tutte le sue sfaccettature.
L'LP è composto da 10 tracce per un totale di circa 35 minuti, in cui gli
Anthrax inanellano una serie di schegge impazzite una dietro l’altra; si parte con il combo iniziale costituito da "
Deathrider" e dall'anthemica "
Metal Thrashing Mad", una delle canzoni più iconiche dell'immaginario Thrash Metal, la quale vede una prestazione stellare di
Neil Turbin che sfoggia una serie di acuti inarrivabili, per poi rallentare con la cover di Alice Cooper "
I'm Eighteen", dove purtroppo niente si aggiunge all'originale. Si riparte subito con "
Panic" e i suoi numerosi e prepotenti richiami alla scuola British di fine anni 70 /inizio 80, avvertiti soprattutto nelle linee di chitarra.
Non c'è modo di tirare il fiato neanche con la rocciosità di "
Subjugator", scandita da tappeti di doppia cassa devastanti, la quale comunque segna un lieve calo qualitativo; ma niente pericolo, i nostri tornano alla ribalta con un altro inno generazionale: "
Soldiers of Metal", e la successiva bordata nei denti di "
Death From Above".
Gli americani non mollano, continuano a tirarci a sé con il loro guanto di ferro (presente in copertina), calandoci all'interno della più articolata "
Anthrax" e nell'inattesa parentesi strumentale rappresentata da "
Across the River"... dopodiché il guanto di ferro farà sentire nuovamente tutti i suoi chiodi sul nostro volto, ma con un piglio più cadenzato che trova le sue radici nell'Heavy/Rock della conclusiva "
Howling Furies".
Personalmente questo è il platter che preferisco della discografia degli
Anthrax, poiché lo trovo il più genuino e libero da ogni logica di business, anche se non avevano ancora la compostezza e la perizia tecnica che assumeranno, per esempio, nel loro capolavoro "Among the Living" (1987).
Resto in ogni caso fermamente convinto che rappresenti uno dei pilastri di tutto il Thrash Metal, e di quella che è stata la sua evoluzione; e che con le attuali produzioni, al giorno d'oggi, avrebbe ben pochi rivali.
Riff incisivi, refrain irresistibili, e una solidità ritmica che ti entra nel sangue... cosa chiedere di più?
Se “
Fistful of Metal” sia il miglior full-length della band o meno non sta a me stabilirlo, ma senza ombra di dubbio è il più sporco e violento di tutta la sua carriera.
Recensione a cura di DiX88