Finito l’esperimento di upgrade con “
Remanufacture”, alle macchine non resta che auto-clonarsi in una versione che formalmente è più logica e razionale rispetto a “
Demanufacture”, e parlo d’arrangiamenti e produzione, i quali sono ulteriormente affinati, ma che sostanzialmente riprende le mosse di quel disco. Ciò è evidente già dalla micidiale accoppiata iniziale “
Shock”/”
Edgecrusher”, che ricalcano la devastazione della pluricelebrata e altrettanto micidiale coppia che apre il precedente full-lenght. Il disco è violento, d’elevata qualità, e pur essendo considerato da alcuni come una copia sbiadita di “
Demanufacture” devo dire che rimane uno dei miei preferiti.
La macchine hanno stabilizzato il loro dominio, l’uomo è fissamente schiavo della catena di montaggio, terrorizzato da quel "
Hi-Tech Hate” che trasuda dalle meccaniche di automi d’acciaio e silicio che ancora una volta ci ricordano che:
“Man Is Obsolete! Erased, Extinct!”
Non c’è mera evoluzione in questo disco, c’è solo consolidamento, stabilizzazione, al massimo è rifinitura, oliatura di meccanismi collaudati. Ma “
Resurrection” e “
Freedom Or Fire” suonano come un sinistro e profetico messaggio per le macchine da parte dei resti dell’umanità, un urlo di ribellione e di rabbia a pieni polmoni.
Musicalmente il disco è un vero capolavoro, con una serie di pezzi ormai divenuti dei classici.
Burton C. Bell offre una prova vocale mostruosa e il comparto ritmico è semplicemente fenomenale.
La produzione è ancora opera di
Rhys Fulber, capace di ricreare dei suoni possibilmente ancora più sintetici e digitali.
“
Timelessness” chiude placidamente un’altra giornata di lavoro nella fabbrica della paura.
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