Dopo la svolta di “The Gathering Wilderness”, uscito per Metal Blade un paio d’anni fa, i Primordial compiono il capolavoro della loro carriera, dando alle stampe questo magnifico “To the Nameless Dead”, un album di una intensità fuori dal comune, letteralmente mozzafiato e drammatico, sia per i temi trattati sia per come i Primordial sono riusciti a renderli in musica, senza perdere un briciolo della loro importanza.
Non è un disco difficile questo “To the Nameless One”, non presenta chissà quali intricate alchimie, non vede l’uso di particolari strumenti o esperimenti bizzarri, non ha bisogno di essere ascoltato decine e decine di volte per essere apprezzato a pieno.
E’ tutto qui, alla nostra portata di mano, capitolo dopo capitolo i Primordial ci portano nel loro sofferente viaggio degli eroi dimenticati, quegli eroi non celebrati, scomparsi e soffocati dall’incedere della storia, e la musica si fa corpo ed anima mentre chiudiamo gli occhi e ci lasciamo ammaliare dalle atmosfere ossessive, sulfuree e ripetitive dei Primordial, mentre il loro mentore Alan con tragicità e furore ci decanta rabbiosamente le meravigliose storie che affliggono l’umanità.
Ad oggi, l’epicità dei Primordial non ha eguali.
Tutto appare perfetto, è impossibile non ricollegarsi ai Bathory di “Blood Fire Death”, anche i ritmi sporadicamente si alzano, ricordandoci il passato black metal della band come accade in “Traitors Gate”, altalenandosi tra le emozioni che il disco ci regala, come nel caso della opener “Empire Falls”, struggente e decadente come raramente si può ascoltare.
Ogni piccolo dettaglio, dal booklet, alla produzione (a dir poco fenomenale), alla splendida copertina compone un perfetto puzzle che è semplicemente arte.
Chi scaricherà questo album senza poi acquistarlo è letteralmente un pezzente.
Black? Epic? Folk? Viking? Mah.
Il metal dei Primordial non ha più confini.