Copertina 8,5

Info

Anno di uscita:2007
Durata:47 min.
Etichetta:AFM
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. FLESH AND BLOOD
  2. STREETS OF FIRE
  3. SEVEN SEAS
  4. WALK THE LINE
  5. THUNDERBALL
  6. REACH THE SKY
  7. WE ARE ONE
  8. WITHOUT YOU
  9. BAND OF BROTHER
  10. HEAVEN'S CLOSING IN
  11. KISS GOODBYE
  12. SHINE

Line up

  • Jakob Samuel: vocals
  • Pontus Norgren: guitars
  • Pontus Egberg: bass
  • Christian Lundqvist: drums

Voto medio utenti

Divertente e incredibilmente coinvolgente, ma anche piuttosto intelligente.
Sono questi gli aggettivi che scelgo per definire in estrema sintesi il lavoro dei The Poodles.
Divertente, perché è innegabile che nella loro musica sia rintracciabile quella classica “spensieratezza” del glam metal e dell’hard rock anni ’80, uno “spirito ricreativo” senza eccessi goliardici, che ogni tanto ci vuole, viste le consuete “mestizie” che purtroppo sempre più spesso la vita di tutti i giorni ci riserva.
Assai coinvolgente, dacché i nostri sono davvero tra i pochi ancora capaci di scrivere anthems veramente efficaci, mutuando in maniera assolutamente naturale questa rara capacità dalle grandi bands degli eighties.
E pure intelligente, dal momento che la miscela di street, class metal e AOR inscenato dai The Poodles è perfettamente calibrato, e con l’aggiunta di un tenue bagliore di symphonic power “moderno”, il suono risultante appare straordinariamente fresco e vibrante, dotato di tutte le caratteristiche necessarie per un apprezzamento trans-generazionale.
Tale arguzia non stupisce più di tanto, in realtà, poiché dietro a questo simpatico monicker si “cela” un bel gruppetto di “volponi” della scena nordica, capitanati da Jakob Samuel e Pontus Norgren, due signori che, visto il generoso curriculum, la materia la conoscono molto bene, senza debiti formativi di sorta.
“Sweet trade” è, dunque, un disco veramente irresistibile, che prosegue senza indugi il percorso intrapreso con il fortunato predecessore “Metal will stand tall” (un “titolone”, persino un po’ fuorviante!) e in cui la profusione di melodie catalizzanti tipiche del retaggio “geografico” del quartetto, si rinforza lievemente in certe soluzioni espressive e si dimostra, pur mantenendo intatte tutte le migliori prerogative di quel debutto, maggiormente “maturo”, se si può utilizzare questo vocabolo, conquistando all’istante ed evidenziando piccoli ma significativi progressi anche sotto il profilo squisitamente “artistico”.
In un albo praticamente perfetto pure nella resa sonora (produzione curata da Johan Lyander e Matti Alfonzetti, con quest’ultimo che, insieme ai celebri Goran Edman e Mats Leven, offre altresì il suo contributo in fase esecutiva), ecco che Norgren “argina” nuovamente la sua tecnica straripante in favore della “forma canzone” (difficile comunque, anche per chi non conoscesse approfonditamente la sua perizia specifica, scambiare Pontus per “uno dei tanti” professionisti delle sei corde che affollano la scena) e Samuel mette in campo una non comune padronanza vocale, con un’impostazione che mesce con dovizia grinta e passionalità (attuando una sostanziosa approssimazione, si potrebbe dire tra Tempest, Jon Bon Jovi, Deris e qualcosa del Rob Halford meno ossianico e bellicoso!), mentre la sezione ritmica martella con gusto e qualità, per tutta la durata del dischetto.
Le canzoni? Beh, meritano di essere menzionate al gran completo, in quanto è davvero difficile esprimere delle preferenze dove non si riesce ad individuare il benché minimo e veniale punto debole.
Tra questi solchi c’è veramente di che lusingare diffusamente i propri sensi, sia che essi necessitino d’emozioni “forti” e oscure (“Thunderball”), di vigoria adulatrice (il singolo “Seven seas”), vagamente “tecnologica” (“Flesh and blood”), “sinfonica” (“Streets of fire”) e groovy (“Walk the line”), sia che cerchino, per il loro appagamento, intriganti architetture tipicamente anni ’80 (“Reach the sky” - ah quella talk-box!), con magnifiche manifestazioni d’approccio scandinavo all’hard sofisticato (“Without you”, “Band of brother, “Heaven’s closing in”, “Kiss goodbye”) o toccanti momenti riflessivi ed intimisti (“We are one”, “Shine”).
In definitiva, un gran disco pieno zeppo di potenziali hits per un gran gruppo destinato, anche senza troppe velleità “destabilizzanti”, a lasciare una traccia profonda del proprio passaggio in queste pur ricche e variegate strade del Rock, perché, e lo ribadisco ancora una volta, saper affrontare e percorrere con questa vitalità, perspicacia e competenza, sentieri così tanto familiari ed ammirati, è un’impresa degna di stima incondizionata.
Recensione a cura di Marco Aimasso
sweeet trade

Si, bel ritorno per i poodles con un disco che si lascia ascoltare con estrema facilità. Preferivo il debutto ma anche qui nn siamo messi male!

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 16 gen 2008 alle 09:21

Concordo su tutto! Disco pauroso! Nulla di innovativo ma pieno di pezzi da paura! Ce ne fossero di più di band così...

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