Copertina 7,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2007
Durata:45 min.
Etichetta:My Graveyard Productions
Distribuzione:Masterpiece

Tracklist

  1. MORTAL REMAINS
  2. SYMPHONY FROM THE GRAVES
  3. TIME TO DIE
  4. DEADLY SINS
  5. DAY BY DAY
  6. WELCOME TO MY FUNERAL
  7. UPON THE CROSS
  8. ROADS TO AMENTI
  9. END OF DAYS

Line up

  • Cristian Mustaine: vocals, guitars
  • Jack The Ripper: bass
  • Karl Skyquake: drums

Voto medio utenti

Il mondo dell’occulto e del mistero è dalla notte dei tempi una delle grandi fonti ispiratrici della musica, che ricordiamolo, nasce essenzialmente come un veicolo espressivo di natura sacra, un necessario mezzo attraverso il quale l’uomo nell’antichità tentava di accedere, in aggregazione a pratiche magico-rituali e religiose, alle proprie divinità.
A partire dalle relazioni “demoniache” di Giuseppe Tartini (autore del celebre “Trillo del diavolo”), di Paganini, del blues, dei Rolling Stones di “Their satanic majesties request”, dei Led Zeppelin, dei Black Widow, dei Black Sabbath ed arrivando fino ad Angelwitch, Witchfinde, Mercyful Fate, Venom, senza dimenticare Slayer, Possessed, Morbid Angel, Deicide e tutto il fenomeno del black nordico, la “musica del diavolo” ha sempre (e le citazioni potrebbero essere davvero molto più numerose!) esercitato un enorme ed ineluttabile fascino sugli artisti e sul pubblico.
Ovviamente, in mezzo a tutto questo bailamme di “spiriti”,“demoni” e “satanassi” vari, c’è chi ha saputo interpretare con disinvoltura e “credibilità” questo morbosamente intrigante immaginario dai connotati “negativi”, mentre molto spesso si è assistito a delle esibizioni di “genere” superficiali, forzatamente “maligne”, convulse e scialbe, anche da un punto di vista puramente estetico.
Tra le manifestazioni maggiormente autentiche e insigni di questo suono “maledetto”, c’è quella inscenata dai Death SS, pionieri della musica “pesante” nel Belpaese, capaci di mescolare ad arte i fondamenti del dark-sound, il punk e l’occultismo, tutti elementi che, uniti ad un impatto visivo teatrale e shockante, li hanno resi, dagli esordi (nel lontano 1977) fino ai giorni nostri, mediante una profonda evoluzione espressiva e filosofica, una delle incarnazioni più evocative e (sopran)naturali del gothic-horror.
Tutta questa lunga “prefazione” è funzionale ad introdurre il lavoro (il quarto) dei Blood Thirsty Demons, una band che guarda proprio all’esperienza dei maestri (perché questo sono!) di Pesaro per la propria performance, e che pure per questa ragione non deve essere assolutamente confusa con il troppo “becerume” che ha affollato e affolla tuttora il settore.
Anche se continuo a pensare che una superiore personalità, anche dal punto di vista iconografico, sarebbe in ogni caso raccomandabile, i varesini appaiono incredibilmente maturati rispetto al solamente sufficiente “Let the war begin” (il disco precedente da me commentato su queste stesse pagine), rendendo questo nuovo “Mortal remains” una persuasiva, efficace, potente e coinvolgente “interrogazione” sul tema horror metal, proprio il terreno preferito dei Death SS, nei confronti dei quali i nostri evidenziano una forte e tuttavia per niente fastidiosa devozione, che si realizza attraverso l’assorbimento della tipica attitudine della band pesarese prima che le contaminazioni “elettroniche” entrassero prepotentemente a far parte del suo modus operandi.
Abbiamo a che fare, dunque, con un disco teso, inquietante, solforoso, dinamico ed ammaliante, e tale giudizio ampiamente positivo, si badi bene, riguarda in maniera assoluta e spassionata la pura sfera artistica, l’unica che in questa sede ci preme e siamo in grado di valutare, indipendentemente, quindi, da qualunque considerazione riguardante la “profondità” e la “sincerità” di un eventuale interesse esoterico.
Con quell’organo istigatore di arcana suggestione, le chitarre trancianti e terrose, la voce spietata e perversa (ma finalmente comunicativa anche nei saltuari momenti in cui l’interpretazione vocale diventa maggiormente “pastosa”), i ritmi plumbei e traenti e le sporadiche intrusioni effettistiche di tipo “cinematografico”, i nove brani del platter sono tutti lodevoli e globalmente degni di nota (le mie preferenze vanno comunque a “Time to die”, “Deadly sins”, “Upon the cross”, “End of days”, nonché alle tinte malinconiche di “Day by day”), e pur non scoprendo praticamente nulla, sorprendono per la qualità, la determinazione e la cognizione con la quale “recuperano” una certa tradizione musicale “nera”, non così facile da riprodurre, perlomeno con questa intensità.
La bellissima cover (dopo Boleslaw Biegas, omaggiato in “Let the war begin”, è ora il turno nientemeno che di Caravaggio, con il suo S. Gerolamo) offre un ulteriore stimolo all’acquisto di quest’albo davvero riuscito, dedicato a tutti quelli che amano le spire crepuscolari del dark-metal più immaginifico e competente, ratificando per i Blood Thirsty Demons un ruolo di eccellenti interpreti (oggi sì, totalmente all’altezza dei propri numi tutelari) di tali irretenti sonorità.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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