Copertina 7

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2007
Durata:38 min.
Etichetta:Frontiers
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. 1000 PAPER CRANES
  2. FALLEN ANGEL
  3. ESCAPING THE CLOUDS
  4. EYE OF THE STORM
  5. THROUGH DIRT
  6. LIKE HAIL FROM BLUE SKY
  7. LOVE REFLECTION
  8. NEVER FALL
  9. ETERNITY IN FIRE
  10. RAINBOW’S END

Line up

  • Zack Rament: bass
  • Kirk Evin: guitar
  • B.D. Hughes: guitar
  • Phil Goode: vocals
  • Ran Dee: drums

Voto medio utenti

Il primo impatto con l’ultima release dei Grand Lux ci catapulta immediatamente al suono sporco dell’heavy anni ’80. Il rumore sinistro di una sirena ci accoglie e ci introduce l’opener track “1000 paper cranes”, pezzo davvero “pesante“, dalle marcate influenze priesteniane, che ci dà già una chiara idea di quello che ci dobbiamo aspettare dal quintetto norvegese. I Grand Lux nascono appunto nella gelida Scandinavia nel 1999 e debuttano nel 2004 con il primo studio album intitolato “Iron Will” che riceverà incoraggianti consensi in giro per il mondo. Oggi si presentano con questo nuovissimo “Carved in Stone” pronti forse per il definitivo salto di qualità. L’impronta dell’intero lavoro appare evidente fin da subito: il combo norvegese dimostra di amare quelle sonorità che sono il marchio di fabbrica di gruppi storici dell’heavy, soprattutto ottantiano, attingendo a piene mani dai maestri del genere quali Dio, Judas Priest, Black Sabbath e Saxon.
Come molte altre band scandinave e soprattutto norvegesi, i Grand Lux presentano in formazione un ottimo singer capace di tessere linee vocali dal feeling molto “catchy” e di grande impatto. Tutto il disco procede secondo un elevato standard qualitativo dimostrando come la band abbia raggiunto dei notevoli livelli di qualità nel songwriting, caratteristica che non sempre emergeva dal loro lavoro precedente. E se abbiamo avuto più di un sussulto nell’ascoltare la potenza heavy di una “Escaping the clouds” e le splendide melodie di “Eye of the storm”, dall’ evidente influenza saxoniana, l’acmè compositivo si raggiunge con “Rainbow’s end“, pezzo maturo e di assoluto valore, quasi sicuramente il punto più alto mai raggiunto dal quintetto. Forse, come avete capito dalle nostre parole i Grand Lux non ci propongono il disco più innovativo del millennio (ci sono certamente altri gruppi deputati a questo) ma sicuramente quello a cui ci siamo trovati di fronte è un lavoro onesto, molto ben realizzato e fottutissimamente heavy. Davvero tosto. Da avere.
Recensione a cura di Filippo Lazzerini

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