Ci sono due modi per ascoltare un disco dei Neurosis, il primo è ascoltarlo così tanto per farlo, magari mentre si naviga in internet o si legge un libro. In modo molto superficiale quindi. In questo caso i Neurosis vi sembreranno una “palla” immensa, vi verrà voglia di buttarlo il dischetto. Il secondo modo è quello di ascoltarlo concentrandosi sul disco, meglio ancora se di notte nel letto con le cuffie ad un volume sostenuto. In questo caso vi assicuro che vi farete un trip dal quale vi sembrerà impossibile tornare vivi o almeno con una sanità mentale degna di tal nome. Faccio questa premessa per introdurre quello che per me è stato un vero e proprio shock, l’ennesimo fornitomi da questa immensa band di San Francisco con 15 anni di carriera alle spalle. I Neurosis hanno seriamente minato la mia sanità mentale portandomi in luoghi desolati e freddi prima, assolati e allucinanti poi. Il sound dei Neurosis è un qualcosa d’indescrivibile, parti liquide e dilatate al limite del doom più minimale vengono “disturbate” dalla furia hardcore quando non sono stuprate da vere e proprie esplosioni di “rumore bianco”. Canzoni lunghissime che sembrano non finire mai, vere e proprie schegge psichedeliche. Su tutto poi si staglia la disperata voce di Steve Von Till, dilaniante e angosciante, capace di esplorare l’inconscio in tutti i suoi più reconditi recessi. Altro colpo di genio è l’uso dei violini e della viola che creano un contrasto indescrivibile tra la loro melodia fatta di melanconia e il “rumore” lento e pulsante delle songs. Musica estremamente cerebrale e dolorosa, oppressiva fino all’inverosimile. Stupenda anche la copertina del disco che mi ricorda quella di “Temple Of the Morning Star” dei Today Is The Day (Altra grandissima band). “A Sun That Never Sets” è un disco che è inutile cercare di sezionare, è un disco che non vive di momenti isolati ma va subìto in toto con tutto il carico di disperazione che si tira dietro. Questo sia ben’inteso è un disco molto “difficile”, per apprezzarlo ci vogliono ripetuti ascolti e una certa predisposizione verso un “certo” tipo di musica. I Neurosis non sono mai stati un gruppo facile né tantomeno sarà questo il disco che li farà apprezzare al grande pubblico. Ma se vi piace la musica intelligente e introspettiva abbiate il coraggio di ascoltare perle di follia sonica come “From The Hill” o “Falling Unknown” (Oltre 13 min. di puro “sorrow”) che riusciranno certamente a sfinirvi col loro “grinding noise”, vi sembrerà di impazzire in un abisso d’ansie e paure. I Neurosis fanno male al cervello, altro che “Parental Advisory” (Che tra l’altro non hanno…), dovrebbero essere somministrati con la ricetta del neuropsichiatra. È musica epidermica, come un verme che striscia sotto la pelle. I Neurosis sono una droga, quando li ascolti non vedi l’ora che l’incubo finisca e quando finisce hai subito voglia di iniziare un nuovo trip, ne hai bisogno. Non ho più parole per descrivere questo disco, forse le mie sono sterili, non si può spiegare la malattia mentale. Anche un 10 dato al disco non ha senso, i Neurosis sono molto più di un fottuto numeretto. I Neurosis vivono in un’altra dimensione, ai confini tra la musica e il sogno, ad un passo dalla follia. Immensi. Capolavoro.
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