Gli Emptiness appartengono a quella categoria di band oneste che svolgono il proprio lavoro in sordina ma con molta passione e determinazione in più rispetto a tanti loro colleghi più blasonati.
Nome di spicco dell’underground belga, arrivano con questo “Oblivion” al loro secondo full length, e state certi che il voto in calce non è assolutamente legato al fatto che intorno alla band hanno gravitato e gravitano membri dei più noti Enthroned.
Tutt’altro, ascoltando il loro ultimo cd ho trovato una band con una sua propria identità, che ha messo su un disco veramente interessante e per certi versi risulta anche più vincente degli ingombranti “cugini”. Se l’esordio era leggermente più banale e prevedibile, questo “Oblivion” ha le carte in regola per poter piacere a chiunque ami le sonorità estreme. Il suo trovarsi, infatti, a cavallo tra il black e il death gli dà la forza di non essere settoriale e se a questo aggiungete un intelligente lavoro in fase di arrangiamento svolto dai nostri capirete il perché delle mie parole lusinghiere.
È proprio questo il punto di forza del cd, cioè il fatto che tutto sembra essere al posto giusto, tutti i brani si mantengono sullo stesso livello e l’impressione che si ha è che la band abbia voluto fare le cose per bene curando ogni singolo particolare delle dodici tracce presenti… a questo aggiungete il fatto che il cd non dura molto e quindi non si ha il tempo di annoiarsi e il gioco è fatto.
Come dicevo, c’è un ottimo lavoro in fase di arrangiamento, e le trame chitarristiche, mai banali ma allo stesso tempo non troppo intricate da risultare dispersive, si intersecano alla perfezione con il lavoro certosino del basso di Phorgath, che si occupa anche delle vocals, quasi sempre assestate su un growl non cupissimo ma molto in linea con le atmosfere generali del cd. È questo forse l’aspetto più death del lavoro, insieme ad alcuni riff di chitarra, e il tutto si sposa alla perfezione con le reminescenze più tipicamente black del quartetto, venendo a creare un amalgama davvero notevole, con sfuriate black che si alternano a parti più death e cadenzate.
C’è l’intenzione di sperimentare e si sente fin dalle prima note. Al tempo stesso, però, gli Emptiness non snaturano il loro sound, neanche durante alcuni intermezzi strumentali legati a doppia mandata a sonorità più industrial (come in “Oblivion I” e “Oblivion II”). E la modernità del suono e di alcuni riff è comunque ragionata e ben fusa al lato più estremo e marcio delle canzoni.
C’è freschezza sonora in questo “Oblivion”, questo è indubbio, quindi se siete di visioni abbastanza larghe da non bollare il cd come “poco black” troverete davvero pane per i vostri denti. Pezzi relativamente brevi, dicevo, quindi dono della sintesi per gli Emptiness, che riescono a scrivere brani che in meno di tre minuti hanno dato tutto quello che c’è da dare, compresi diversi cambi di tempo e di atmosfera. Già, perché “Oblivion” non stanca, riesce a catturare l’attenzione e tenere sempre alto il livello di ascolto, proprio grazie a questi fattori qui.
Tra i brani migliori segnalerei senza dubbio la opener “Truth of trinity”, la successiva “Summon”, la violentissima “Crushing ignorance” e “Slave”, veloce come una scheggia impazzita, dove ancora una volta si può apprezzare il lavoro del precisissimo e velocissimo Twan dietro le pelli. Ma in realtà è tutto il cd ad essere su un ottimo livello, quindi per non mancare di rispetto ai restanti brani il consiglio è quello di ascoltarlo tutto d’un fiato… Sicuramente una rivelazione in campo estremo.
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