Il “Live after death” finalmente disponibile su dvd è una cosa che molti fan dei Maiden, sottoscritto compreso, attendevano da molto tempo. Quando ebbi modo di vedere per la prima volta le immagini di questo storico concerto ero ancora un adolescente timido e impacciato, completamente ignorante in termini di musica, e a maggior ragione di Iron Maiden e di heavy metal. Si era ancora ai tempi del vhs, “Fear of the dark” non era uscito, Bruce Dickinson, seppure per poco, era ancora nel gruppo, e quegli strambi capelloni che misero a ferro e fuoco il Long Beach arena di Los Angeles in quattro sere d’estate nel 1985, inguainati in imbarazzanti tutine aderenti dai colori improbabili, determinarono per sempre il corso della mia vita e delle mie passioni negli anni a venire. Già, i Maiden all’apice della fama e della forma artistica, in uno dei tour più lunghi e di successo della storia del rock, alle prese con una scaletta da brividi, tra classici immortali ed episodi di meravigliosa fattura, che sempre più raramente avremmo ascoltato dal vivo negli anni a venire.
Nel corso degli anni, rivedere quelle immagini mi avrebbe provocato impietosi e malinconici paragoni con l’allora discutibile percorso di un gruppo avviato ormai sul viale del tramonto, prima con la fuoriuscita di Dickinson, e successivamente con la pubblicazione di due dischi che sarebbe forse stato meglio lasciare sotto chiave in studio di registrazione.
Oggi, con il singer da tempo ritornato all’ovile, e recuperati i livelli di sempre da parte di Steve Harris e soci, la ristampa di questo piccolo pezzo di storia può essere tranquillamente salutata con il clamore che merita. Avevano 25 anni di meno, d’accordo, non avevano ancora sbagliato un disco, è vero, Janick Gers non era ancora arrivato a far danni, vero anche questo, però è innegabile che i Maiden visti dal vivo negli ultimi sei o sette anni abbiano davvero poco o nulla da invidiare a quelli del “World Slavery Tour”. Anzi, a voler ben guardare, almeno questi si vestono con un po’ più decenza al momento di salire sul palco!
Al di là delle considerazioni nostalgiche, bisogna dire che questa nuova versione del “Live after death” si presenta veramente bene: un grandissimo lavoro è stato fatto in termini di immagini, ma soprattutto a livello sonoro, dato che tutto l’audio è stato remixato magistralmente da Kevin Shirley (oramai completamente a proprio agio dietro la consolle della band), donandogli una potenza e una nitidezza che la vecchia versione non possedeva. E’ perfettamente inutile entrare nei termini dell’esibizione: tralasciando il rammarico per l’assenza di quei sei brani lasciati fuori dalla videocassetta (speravo tanto potessero essere recuperati, ma evidentemente la bobina originaria proprio non c’era!), bisogna dire che vedere i cinque filare come dei treni per novanta minuti fa veramente venire la pelle d’oca. Brani come “Revelations” (la mia preferita in assoluto!) o “The rime of the ancient mariner” (se penso che finalmente a giugno la risentiremo mi tremano le gambe) sono a mio parere gli highlights assoluti dell’esibizione, ma credo che potrei citarne qualsiasi altro dei tredici e sarebbe la stessa cosa. Steve Harris e Bruce Dickinson sono i veri mattatori dello show, degli autentici animali da palco, e se nel caso del bassista non si può fare a meno di notare come oggi sia molto più imbolsito, è impressionante constatare come il singer sia migliorato nel corso degli anni. Quando fa il suo ingresso su “Aces High” arranca visibilmente, ma anche nei pezzi successivi ha momenti di stanchezza e infila qualche stecca qua e là, anche se il suo carisma è tale che sopperisce a tutto.
Per quanto mi riguarda, varrebbe la pena spendere i soldi solo per questa ora e mezza. In realtà anche la parte extra è notevole: tralasciando la seconda puntata di “Early days” (precisa e puntuale come sempre nel soddisfare tutte le curiosità possibili e immaginabili su quel periodo particolare della band), la vera chicca è l’esibizione integrale al Rock in Rio del 1985, dove i Maiden si esibirono subito prima dei Queen (vi ricordate? E’ lo stesso concerto che Freddy Mercury e soci pubblicarono su vhs): immagini ed audio non sono di altissima qualità, ma è il valore storico che conta! E poi vedere 300.000 persone impazzire sulle note di “The trooper”…
Come se non bastasse, c’è anche il documentario “Behind the iron curtain”, uscito anche questo in vhs ma in una versione ridotta, che documenta il primo tour della band in alcuni paesi della Cortina di Ferro, come Polonia e Jugoslavia. E’ interessantissimo e anche piuttosto divertente vedere la reazione che il gruppo provocò da quelle parti, in paesi in cui la fame di Occidente era tanta ma i vincoli imposti dai regimi comunisti ancora piuttosto duri. Imperdibile la scena dell’after show in un club di Varsavia, con centinaia di ragazzi intenti a ballare in maniera imbarazzante e i cinque che entrano nel locale senza essere riconosciuti da nessuno! E poi ci sono consistenti spezzoni live, anche questi non di eccelsa qualità, ma sicuramente godibili, tra i quali spicca una splendida “22 Acacia Avenue”, che non aveva trovato posto nel concerto principale.
Chiude la rassegna un breve documentario firmato da una troupe texana nel corso della data di Alamo nel tour di “Piece of mind”: avrebbe dovuto finire su “The early days”, ma per problemi tecnici è stato reso disponibile solo ora.
C’è altro da aggiungere? Comprate a scatola chiusa e state sicuri di non perdere il concerto italiano del 27 giugno a Bologna: ci sarà da godere all’infinito… almeno fino alla ristampa del “Maiden England”…