Come dice il Magnotta (per chi non lo conoscesse può cliccare
qui) "a parlar chiaro se va" quindi inutile essere titubanti: non sono mai stato un fan incredibile dei Death Angel e, a parte il primo, buono ma acerbo "The Ultra Violence", ho sempre trovato eccessive le lodi sperticate riferite alla band in generale o ai loro dischi successivi, specialmente per "Act III", capolavoro thrash per il mondo, disco carino ma nulla più per me.
E' quindi logico che l'ondata di entusiasmo per la reunion della band di Mark Osegueda, avvenuta circa 4 anni fa, non mi abbia affatto investito benchè ovviamente fossi più che contento del ritorno in auge di una band che ha portato per anni la bandiera del thrash, uno dei sottogeneri più belli che il metal abbia mai partorito.
Ignorato quasi volutamente quel "The Art of Dying" che invece tanto aveva infiammato il nostro Lorenzo Testa nella sua recensione, mi sono trovato alle prese col nuovo "Killing Season", desideroso più che altro di scambiare quattro chiacchiere con un simpaticissimo e disponibile Mark, conosciuto qualche anno fa a Roma in occasione del Summer Day in Hell svoltosi al Foro Italico.
Beh, la sorpresa c'è stata e nettamente positiva: non me lo sarei mai aspettato, ma i Death Angel hanno colpito decisamente nel segno. Thrash senza concessioni, aggressioni chitarristiche ad opera della coppia Aguilar/Cavestany come nei mai troppo rimpianti anni '80, una prova strumentale davvero eccelsa da parte di tutta la band che ha contribuito a questo lento ma inesorabile delle sonorità thrashy alle soglie del 2010.
L'inizio è davvero ottimo grazie a "Lord of Hate", "Sonic Beatdown" e "Dethroned" che scuotono menti e fisici di più anziani e non, ma anche le successive canzoni non scherzano affatto e come si può rimanere impassibili davanti al mosh immaginario che un brano come "Buried Alive" può scatenare, soprattutto nel concitato finale?
Il disco qua e là ha qualche calo, nulla di clamoroso, ma a volte i nostri 5 amici si lasciano andare a soluzioni un po' troppo hard rock e funkeggianti che lasciano veramente il tempo che trovano. Insopportabile invece la produzione, troppo moderna nel sound, che fa davvero rimpiangere i tempi di Alex Perialas e soci, che con le loro soluzioni contribuirono non poco al successo del thrash metal come lo conosciamo noi.
In definitiva buonissimo ritorno e complimenti ai Death Angel per credere ancora nella musica che amavano da ragazzini, con l'entusiasmo ed il divertimento di un tempo.
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