Copertina 7

Info

Past
Anno di uscita:2003
Durata:51 min.
Etichetta:Relapse
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. MESSIAH
  2. WILDERNESS OF MIRRORS
  3. SUNGOD
  4. SCAPEGOAT
  5. MESSIAH (DUB)
  6. WILDERNESS OF MIRRORS (DUB)
  7. SUNGOD (DUB)
  8. SCAPEGOAT (DUB)

Line up

  • Justin K. Broadrick: vocals, guitars
  • Benny George Christian Green: bass
  • Ted (Pappy) Parsons: drums, percussion

Voto medio utenti

Originariamente registrato nel 1994, fino ad ora questo EP dal titolo profetico di ‘Messiah’, è stato preservato dalla grande distribuzione, divenendo oggetto di culto per amanti solo ed esclusivamente degli acquisti online (è stato per tanti anni disponibile solo tramite il sito ufficiale di questi Industrial Gods). Finalmente una label, nella fattispecie la Relapse, ha deciso di prendere la situazione in mano e di pubblicarlo, includendo nel platter anche 4 remixes delle altrettante 4 songs in esso contenute, andando così a parare sulla lunga distanza. Le quattro tracce, diciamo così, “normali” ci mostrano i Godflesh degli albori, ovvero una band che fonda il proprio suono su un Doom industriale, paranoico, noisy e psichedelico, molto oscuro e pesante…la song ‘Messiah’ è forse una delle cose più belle mai partorite da questo combo, così satura e dal mood così drammatico, figlia sicuramente del tormentone Black Sabbath, estremamente monumentale nella sua semplicità e profondamente maligna…’Wilderness Of Mirrors’ gioca su tempi Drum 6 Bass, nei quali le chitarre disegnano arpeggi di scuola Dark prima maniera, mentre ‘Sungod’ è la track forse più acida, ove su un ritmo ossessivo e paranoico, un tappeto di percussioni sembra presagire ad una danza rituale dal sapore Voodoo; ‘Scapegoat’ riporta il discorso su un ritmo D&B, quasi una Jungle minimale dalle ritmiche contenute: una song che sembra preannunciare il ritorno al cannibalismo, una volta passata l’era post atomica. Le altre 4 riprese, in versione Dub, risultano 4 remake che non aggiungo e non tolgono valore alle versioni originali, ma le mostrano sotto un’altra veste, ovvero sotto una pelle più elettronica e se vogliamo più oltranzista, sempre rimanendo, però, su tempi medio lenti e su ambientazioni psichedelico-sulfuree. Ottima ristampa per una pietra miliare del sound Industriale dai contorni bruciati e slabbrati.
Recensione a cura di Massimo 'Whora' Pirazzoli

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