Questo omonimo album dei
My Uncle The Wolf, band di Brooklyn dedita ad uno stoner/metal di natura profondamente eclettica, è dotato di una maturità e di una intensità uniche, oltre che di una vibrante personalità che si attua attraverso continue citazioni sonore, sia passate che presenti; tali citazioni o rimandi continui di cui questo album si nutre costantemente, non fanno altro che palesare con forza l'ottima qualità delle undici tracce presenti, che riescono con estrema disinvoltura a coniugare riffs di sabbathiana memoria, il lirismo viscerale di cui furono maestri i
Pantera in " The Great Southern Trendkill" ad alcune aperture melodiche che richiamano in causa i
Soundgarden di "Superunknown".
Prodotto
Jimmy Bower (Down e Eyehategod), che occupa anche il posto di bassista, l'album si apre con
"March of the Hung" brano di roboante intensità dove le vocals del singer
Zac Brown non possono che riportare alla mente il miglior
Phil Anselmo, ed è proprio lo spettro di Anselmo che si annida in più punti, a rappresentare un possibile punto debole (ammesso che lo si voglia considerare tale) di questo debut, ma quando
Zac Brown decide di affidarsi unicamente alla propria timbrica calda, ci si trova al cospetto di gemme sonore di rara bellezza come nel caso della malinconica
"Double Barrel Blues", della semiacustica
"Isle of Skye", della variegata
"The Cross" che alterna arpeggi sinistri e attacchi che sanno di metal-core, o della ballad, dal sapore bluesy
"Lift the Storm".
In conclusione, ci troviamo al cospetto di un album che è di sicuro al di sopra della media e che in alcuni punti riesce ad ammaliare e a creare dei momenti di puro pathos emozionale, ed è risaputo che le emozioni non hanno prezzo perchè appartengono alla categoria dello spirito.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?