Sono passati diversi anni dall'esordio "The Black Dragon's Eyes" (2004), ma i Seventh Seal sono riusciti a sfruttare il tempo trascorso nel migliore dei modi, infatti, accasatisi presso la sempre più attenta My Graveyard, danno ora alla luce "The Sacred Test", dove ripropongono un sound che recupera in maniera piuttosto personale (beh... per quanto possibile) il "vecchio e sano" Power Metal Teutonico, con l'aggiunta di un bel tocco epico e melodico.
Tra i due dischi pure un attimo di incertezza a livello di formazione che, non appena risolto, ha visto i Seventh Seal dedicarsi alla composizione e registrazione delle canzoni che sono andate a comporre "The Sacred Test", che si rivela un ottimo album, al quale si può muovere un solo, e veniale, appunto relativo all'immagine in copertina, piuttosto ingenua ed un po' approssimativa.
Di ben altro tenore l'aspetto musicale, e se parte del merito va sicuramente alla cantante Chiara Luci, bisogna riconoscere a questa band toscana di avere un bel tiro e idee interessanti, che li portano a realizzare brani davvero validi come, ad esempio, "The End of the Day" e "Seventh Seal".
Dopo una breve introduzione è subito tempo della galoppante titletrack, seguita a ruota dalla brillante ed epicheggiante "Lucifer's Cry", che deve tantissimo agli Iron Maiden, sia nella struttura sia nella prova dei due chitarristi, Francesco Fanciullotti e Pasquale Bianco, anche se bisogna ammettere che a strappare gli applausi più sonori è ancora la bravissima Chiara. Spazio quindi alla già citata "The End of the Day", dove spicca la voce dell'ospite Alessio Taiti, cantante dei Frozen Tears, il quale contribuisce nel far accostare questa canzone, veloce, rocciosa (anche per merito del drummer Mark Napolitano) e tipicamente eighties, ai Judas Priest. Non è certo da meno "A Fire of Destruction", dal passo epico e marziale (sottolineato dalla tromba di Mauro Rosi) con un bel break dove, prima di lasciar sfogare le chitarre, si mette in evidenza il bassista Andrea Mati. Sebbene ben interpretate non lasciano il segno la ballad "I'm Free" e la strumentale "The Prisoner", cosa che invece riesce con facilità alla spedita e corale "Seventh Seal" ed alla lunga e articolata "A Wind From the West", che sembra uscita dalla penna del migliore Kai Hansen. Chicca finale è una riuscitissima cover della solenne ed avvincente "Holy Diver", uno dei (tanti) capolavori firmati Ronnie James Dio.
Che sia sacra o profana, per i Seventh Seal la prova del secondo disco è stata superata brillantemente!
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