Conferma per i nostrani Agabus, band di cui avevo già tessuto le lodi all’epoca dell’ep “Last Way Left”. Il nuovo “Mitakuye” non tradisce il passato della band, fatto di solido hardcore, ma anzi aggiunge una ulteriore dose di aggressività e non ha paura di giocare con il thrash metal e le ultime tendenze in ambito metalcore, senza però per questo scadere nella becera melodia che tanto angustia chi, come me, adora la musica estrema. Ed estremi sono, ad esempio, pezzi come “Numby” e “Flux”, tanto corte quanto cattive, con le chitarre che sature, tronfie di aggressività, che creano un
wall of sound non indifferente.
La produzione avrebbe potuto essere migliore, anche perché mette troppo in primo piano la voce del singer, a scapito delle chitarre, voce che alla lunga viene a noia e anzi dà fastidio, visto che parliamo di uno screamin’ ai limiti del crustcore.
Ma, a parte questo, va elogiato il songwriting della band, l’attitudine alla “take no prisoners” che permea le nove tracce più intro.
E come spesso accade, il meglio viene alla fine, grazie a “India”, canzone in italiano che vede il singer cantare con clean vocals e accennare cadenze hip hop, sebbene il sostrato musicale sia thrashcore che rimanda tanto agli Agnostic Front quanto ai Sepultura di “Chaos A.D.”, con la tensione sempre oltre i livelli di guardia.
In definitiva un disco che, per gli amanti dell’originalità, potrebbe essere anche trascurabile, ma che regala momenti di genuina violenza sonora, assolutamente da non trascurare.
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