Suppongo che per parecchi dei lettori di Eutk il nome di
Keith Reid non sia particolarmente familiare, ma sono sicuro che se dico Procol Harum e la loro epocale “A whiter shade of pale” (spero ardentemente non sia necessario addirittura tirare in ballo la sua trascrizione in italiano denominata “Senza luce” e portata al successo dai Dik Dik!), le cose cambino decisamente prospettiva.
Reid è stato, infatti, membro fondatore, collaboratore e surreale paroliere di quella mitica band e oggi si circonda di personaggi più o meno illustri del rock-rama internazionale per dare alle stampe questo “The common thread”, un album davvero piacevole e confortevole, intriso d’AOR, di blues, di soul, di latin music, di folk e di pop, impreziosito da tante belle voci (lo straordinario John Waite di fama Babys e Bad English, Chris Thompson, singer della Manfred Mann’s Earth Band, il sempre grande Southside Johnny, Steve Booker, noto nei tempi recenti soprattutto per aver contributo all’esplosione del fenomeno mainstream Duffy con il suo hit “Mercy”, Michael Saxell, Bernie Shanahan, coadiutore di Alice Cooper, Cher e Michael Bolton, e poi ancora Chaz Jankel e Terry “Silver scream” Reid, apprezzato anche da Aretha Franklin e Rob Zombie, probabilmente più famoso per aver rifiutato di entrare nelle fila di Led Zeppelin e Deep Purple, che per meriti propri) diverse per timbrica ed interpretazione, e tuttavia tutte aventi il denominatore comune della passionalità, della forza espressiva e della facilità nella trasmissione della suggestione emotiva.
Non c’è molto altro da aggiungere, e le uniche segnalazioni le concedo, per la sua notorietà, alla versione originale di “You’re the voice”, divenuta un best seller planetario nell’86 grazie a John Famham, e allo stralunato mood in salsa funky di “The only monkey”, per la sua atipicità all’interno dell’economia del disco, mentre il resto del programma si rivela unanimemente come un prodotto di pregiato livello artistico, garbato, intenso e raffinato, in grado di coccolare come si deve l’apparto cardio-uditivo di chi è ancora capace di emozionarsi con del “semplice” rock, di quello buono.
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