I Kampfar ci sanno dannatamente fare, questo è assodato. L’hanno dimostrato da sempre con dischi ottimi nei quali fondono alla perfezione il viking black metal con elementi pagan e folk che arricchiscono di molto le loro composizioni. Questo nuovo “Heimgang” non è da meno, e ci presenta dieci brani freschi e ben strutturati, nei quali la band riesce sempre a tenere sul chi va là l’ascoltatore. Hanno fatto passare sette anni tra il secondo e il terzo disco, mentre per comporre il nuovo album soltanto due, ulteriore segno che la band ha superato la crisi momentanea che l’aveva attanagliata qualche tempo fa ed è anche particolarmente ispirata in questo periodo. Il cd si apre quasi un po’ in sordina, con “Vantro”, che non è un vero e proprio intro, ma assolve perfettamente il suo scopo, che è quello di farci addentrare nei meandri di una foresta norvegese, forse proprio quella raffigurata nella fredda copertina. Poi il cd esplode in tutta la sua rabbia viking con “Inferno”, ed è un susseguirsi di brani epici e possenti, con ottimi riff dal sapore molto folk che si amalgamano alla perfezione con quelli più spiccatamente black metal. Man mano che si va avanti con l’ascolto ci si rende conto che la band di Fredrikstad ha una marcia in più rispetto ai numerosi cloni che affollano la scena pagan folk, e uno degli elementi distintivi è proprio il lavoro svolto da Thomas con la sua sei corde, quasi afona, priva di segni di riconoscimento, solo piena di tanta freddezza e cattiveria, senza ovviamente dimenticare la voce sofferta di Dolk, che urla straziato per tutta la durata del cd. “Heimgang” è un disco claustrofobico, e glaciale per certi versi, visto che non perde minimamente la componente black, oserei dire raw per certi versi, anche quando i riff diventano più malinconici e meno cattivi. Unica piccola pecca dell’album è quella di avere dei brani leggermente lunghi e in alcuni frangenti un po’ ripetitivi, però diciamo che tutto sommato in un disco come questo son cose che ci posson stare senza eccessivi problemi. E non preoccupa neanche la mancanza di qualche brano che spicca di più rispetto agli altri, in quanto un lavoro del genere va necessariamente assimilato nel suo insieme per coglierne appieno il vero valore e tutta la sua maestosità. E così come si è aperto, il cd si chiude, con “Vandring”, un brano meno violento e più riflessivo, quasi un canto funebre. Certo “Heimgang” non fa gridare al miracolo, ma farà la gioia di tutti gli amanti di queste sonorità, perché la stoffa c’è, e si sente…
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