A distanza di cinque anni (anche se ben 4/5 del gruppo, sotto il nome Darkwater, nel 2007 avevano realizzato "Calling the Earth to Witness"), gli
Harmony danno alla luce il successore dell'album d'esordio "Dreaming Awake", anticipato qualche mese fa dall'EP "End Of My Road".
Ecco, infatti, "Chapter II Aftermath", un lavoro più Power del precedente, senza per questo rinnegare l'influenza progressive, che si conferma caratteristica fondamentale del gruppo svedese, che ha sempre uno dei propri punti di forza nella voce del cantante Henrik Bath, pulito e preciso in ogni circostanza.
A proposito di formazione dobbiamo annotare l'assenza di Andreas Olsson (Divine Fire, Narnia, Stormwind), nell'occasione sostituito al basso dall'ospite Kristoffer Gildenlöw (ex Pain of Salvation).
Buona partenza con "Prevail", ritmiche scattanti, un guitarwork raffinato ma efficace, un sapiente uso dei tasti d'avorio e cori accattivanti. Gli Harmony alzano ulteriormente i toni con "Aftermath", brano che risente maggiormente delle influenze neoclassiche, e su una powereggiante "Rain" che però non risulta particolarmente ispirata, al pari della seguente "Dont Turn Away", ricca di spunti diversi ma allo stesso tempo dispersiva e di una "I Run", che al di là di alcuni richiami ai Kamelot, finisce con lo scorrere via senza particolari sussulti.
Un po' il limite degli Harmony, che si fanno preferire nelle più dirette "Kingdom" ed "Inner Peace" (altro brano dal marcato flavour neoclassico, dove al fianco di Bath troviamo l'ex Lost Horizon Daniel Heiman), come pure nel mood malinconico della ballad "Silently We Fade".
Un "secondo capitolo", forse non particolarmente originale ed avvincente, ma con i suoi lati positivi.
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