A metà anni 80,
Yngwie Malmsteen non deve già più dimostrare niente a nessuno. Dopo essersi fatto le ossa con gli
Steeler di
Ron Keel e gli
Alcatraz di
Graham Bonnett, il funambolico chitarrista svedese capisce che non può più essere semplicemente "one of the band", ma che qualsiasi gruppo, presente o futuro, dovrà ruotare attorno al suo nome. Indipendentemente da nomi, date e situazioni artistiche.
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I Rising Force non esistono senza di me: non importa chi ci suona, sono io che scrivo ed eseguo praticamente tutto": più chiaro di così.
Avendo nel frattempo sbalordito il mondo intero con la sua proverbiale velocità esecutiva, l'asso nordico si mette in testa il "pensiero stupendo" di conquistare anche le grandi platee a furia di canzoni memorabili ed orecchiabili, non solamente indirizzate ad un pubblico di "colleghi di strumento" che impazziscono per i suoi irripetibili funambolismi. "
Trilogy" è già un passo importante verso tale intento, un esempio su tutti la celeberrima "
You Don't Remember I'll Never Forget" con il suo riff all'unisono tra sei corde e tastiere. Tuttavia
Mark Boals viene considerato troppo "metal", e soprattutto poco compositore, per soddisfare le voglie melodic rock di Yngwie, così la sua etichetta discografica organizza il meeting che porterà
Joe Lynn Turner a diventare il nuovo frontman del gruppo.
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Con questo disco ritorna il grande sound dei Rainbow, degli Alcatraz e di tutto quel periodo" dice il cantante americano riguardo alla neonata partnership con Malmsteen. Ed in effetti "
Odyssey" conferma in toto le aspettative di fans e media che, inutile negarlo, sono pronti col fucile puntato in caso di fallimento.
Il colpo rimane però in canna, perché l'album offre esattamente ciò che promette: nerboruto hard rock con istinti neoclassici, ma sempre attento alla costruzione delle corrette dinamiche armoniche.
Yngwie non rinuncia alla sua debordante presenza, quasi a voler ribadire che, Turner o non Turner, il padrone di casa non ha cambiato residenza, ma è innegabile che la cifra melodica subisce impennate importanti. Come nel caso di "
Hold On", con quel "
sometimes I wonder who you are" intonato da Joe che ci fa toccare il cielo con un dito, oppure in "
Now Is The Time", grazie al refrain pop-eggiante in grado di guardare negli occhi i più scafati interpreti AOR dell'epoca.
Le esplosioni metal si condensano sostanzialmente nel capolavoro autobiografico "
Rising Force", probabilmente il brano più rappresentativo e conosciuto dell'intero songbook firmato Malmsteen, ma anche in "
Faster Than The Speed Of Light", nella quale Turner adatta la sua duttile timbrica ai pruriti speed di "sua maestà". Non può mancare lo spudorato tentativo "scalaclassifica", che si materializza in "
Heaven Tonight", un brano che in futuro Yngwie arriverà a definire più di una volta in modo sprezzante ed irriverente, anche nei confronti del suo partner.
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Sarebbe stato meglio intitolare quel brano 'Let's Fuck Tonight', anche perché Joe aveva il difetto di trasformare sempre tutto in banalissimo e fottutissime canzoni d'amore".
Dichiarazioni che, alla luce di quanto composto dal guitar hero svedese negli ultimi vent'anni, suscitano risate di divertimento, miste a triste compatimento. Più equilibrate si rivelano "
Deja-Vu" e "
Crystal Ball", non lontane dagli episodi maggiormente "easy" del precedente "Trilogy", mentre una menzione a parte merita sicuramente la ballad "
Dreaming", dove Malmsteen e Turner si superano a vicenda per bravura e pathos.
Una "gara", quella tra i due, che si accenderà con toni molto aspri nel corso del tour a supporto di "Odyssey", immortalato nel disco dal vivo "
Live In Leningrad". Chi ha visto i filmati di quell'evento, storico per molti motivi, ricorderà sicuramente l'incontrollabile presenza scenica di Yngwie, sempre pronto a piazzarsi davanti a Joe, quasi preoccupato di vedersi privato delle luci dei riflettori.
Finiti i concerti, la loro partnership si interrompe per incompatibilità caratteriali: "
Nemmeno con un gigante come Ritchie Blackmore ho dovuto sopportare determinati comportamenti, dettati sicuramente da un ego smisurato. A Malmsteen non interessa il concetto di gruppo, si è messo in testa che potrebbe addirittura cantare lui: Dio ce ne scampi".
Vista l'autarchia esasperata, ai limiti del masochismo, che ha caratterizzato gli ultimi decenni di Yngwie, le parole del cantante americano suonano come una sentenza anticipatoria. Ovviamente Joe non rimarrà per molto senza lavoro, perché di lì a poco giunge la chiamata alle armi dei Deep Purple, che nel frattempo si sono sbarazzati di Gillan senza tanti complimenti né frasi di circostanza. Meglio "Odyssey" o "
Slaves And Masters"?
Bella domanda.