Il nuovo capitolo della lunga discografia degli
Edguy arriva con un nome latino,
"Tinnitus Sanctus", ed una copertina dai chiari riferimenti religiosi, tanto che ti viene quasi da pensare che stai per ascoltare un album di christian rock... Per fortuna, ci pensa la musica a smentirci: il disco in questione, infatti, è quanto di più eterogenero Tobias Sammet e soci abbiano mai composto, ma di inni al papa, grazie al cielo, nessuna traccia!
Un disco altalenante, si diceva; vario nelle sue nuances, un power metal che molto spesso si spoglia della sua potenza originaria, per traverstirsi da hard rock ruffiano e cazzone, o per ritrovare di colpo le coordinate della sua incarnazione più divertente e scanzonata, forse il vero marchio di fabbrica dell'Edguy sound. Ed è così che ci troviamo di fronte ad un pastone sonoro che, ad un primo ascolto, sembra un'accozzaglia di brani che poco o nulla c'entrano l'uno con l'altro, seppur più che piacevoli dal primo all'ultimo. In realtà, sulla lunga distanza, l'album sfodera una compattezza d'atmosfera, dote infusa sicuramente dal mixing del "solito" Sascha Paeth; ciò però non toglie che, stavolta, in giro in giostra riservi più d'una sorpresa.
Il nuovo cd attacca molto bene, con una
"Ministry of Saints" già selezionata come singolo apripista (a breve il video, in fase di ultimazione): mid tempo roccioso, chitarre ribassate, ed un ritornello davvero potente e gustoso. Subito dopo, uno dei pezzi a mio avviso più 'scialbetti' di questo "Tinnitus Sanctus":
"Sex Fire Religion" non fa certo gridare al capolavoro, come altri brani del disco, e sinceramente non capisco alcuni colleghi esteri, che per mesi hanno parlato di un disco senza neanche un filler. La mia opinione è totalmente opposta, visto che, secondo chi vi scrive, alcuni brani del lotto erano sicuramente evitabili, o comunque meritevoli di un arrangiamento un pelo meno banale e ordinario. Poco ne cale, la song #3 è forse la migliore del lotto:
"The Pride of Creation" è un brano di happy power degno dei migliori Helloween, con un tiro ed una prestazione della madonna. Della stessa risma sarà anche la epicissima
"Speedhoven", e qui sta il primo, grande punto di domanda di questo disco: bastano due soli brani power per definire un disco "power"? La risposta, ovviamente, è no, ma per fortuna ci sono altre chicche sparse qua e là a sollevarci il morale:
"929" è un altro mid tempo semplicemente delizioso, costruito attorno ad una linea vocale azzeccatissima,
"Nine Lives" ruba le tastiere agli Europe, caricandole di più distorsori sulle chitarre,
"Thorn without a Rose" è un lentone AOR che manco i Bad English (
ok, ok, stavolta ho bestemmiato...), e la carinissima bonus finale
"Aren't you a little pervert too?" altro non è che un breve brano country, divertentrissimo e dal testo esilarante, come tradizione Edguy vuole.
Insomma, "Tinnitus Sanctus" è un bel disco, e gli Edguy sono di certo una signora band, ma non si può certo definirlo il capolavoro della vita. Ecco perchè la domanda, che continua a ronzarmi in testa insistente, dopo cento ascolti, è sempre la stessa: e se Tobias e soci si rimettessero a fare power?