Prima che il progetto Avantasia prendesse il sopravvento sulla carriera di Tobias Sammet, questi aveva una band di giovanotti di belle speranze chiamata
Edguy (lanciata da Timo Tolkki degli Stratovarius) in grado di produrre album power metal pregevoli e consistenti. Poco alla volta gli Edguy hanno quasi “rinnegato” il passato degli esordi per diventare una specie di copia sbiadita dei Kiss ma questa è un’altra storia… “Vain Glory Opera”, cronologicamente parlando, è un primo embrionale tentativo di “metal opera” (gli Ayreon, a metà degli anni Novanta, privilegiavano un sound meno pesante per cui parlare di “metal opera” mi sembra improprio) con ospiti che, in questo caso specifico, si limitano allo stesso Tolkki e a Hansi Kursch dei Blind Guardian (in “Out Of Control” e nella title-track). Manca un vero e proprio “concept” (cosa che invece sarà ben definita nei vari capitoli di Avantasia) ma l’atmosfera complessiva è omogenea e “ruggente” (grazie anche al lavoro dietro al mixer del sopraccitato Tolkki). I brani più riusciti sono sicuramente quelli più “tirati” (“Until We Rise Again”, “How Many Miles”, “Out Of Control”, “No More Foolin’”), e non mancano momenti meno seriosi come “Fairytale” (di memoria helloweeniana, del resto Sammet non ha mai nascosto il suo amore per Michael Kiske, con cui in seguito lavorerà) e “Vain Glory Opera” (una specie di “The Final Countdown” degli anni Novanta) o inaspettati (la cover di “Hymn” degli Ultravox). Per quanto riguarda i lenti, mi sento di dire che Sammet ha fatto di gran lunga meglio nelle produzioni successive. Un pochino acerbo, ma un punto di riferimento per tutte le (troppe) “metal opera” sopraggiunte sugli scaffali dei negozi negli anni seguenti.
A cura di Gabriele Marangoni