Rimasterizzato con l'aggiunta di 3 bonus tracks, un'intervista al frontman Jimmy Brown ed un booklet completamente rinnovato nell'artwork, "River disturbance" uscì nel '94 e segnò una svolta decisiva nella carriera stilistica degli americani
Deliverance. Partiti come speed thrash metal band a fine anni '80, si allontanarono da quelle sonorità per orientarsi su un christian metal melodico e gotico, l'abbandono di George Ochoa di fatto lasciò la leadership compositiva a Jimmy Brown che in "River disturbance" volle sperimentare un sound all'avanguardia con i tempi, il cambiamento di rotta gli regalò solo critiche negative e minacce telefoniche e scritte dei fans di non portare il disco in tour pena pesanti ritorsioni ai suoi danni. In realtà era nato un piccolo capolavoro molto vario e originale che alterna hard rock mid tempo ("Belltown", "River disturbance") al classic metal dal basso pulsante e ritmiche nevrotiche stoppate da cambi di tempo ("Speed of light"), ma è spingendosi su percorsi più tragici, doom e malinconici che si raggiunge l'apice compositivo. La voce di Brown è un fantastico ed inarrivabile mix tra David Bowie ed Eric Clayton, e non posso che inchinarmi provando forti brividi nell'ascolto della lenta cadenzata "You still smile" che ricorda moltissimo i Saviour Machine del periodo pre Legend guidati da un piano leggiadro ed incisivo e dai cori in stile liturgico che si innalzano nel refrain decadente ( una sorta di "Love never dies" dei Saviour ),cosi' come nell'altra rock ballad malinconica "Now and then" dove prevalgono le atmosfere acustiche animate da un solido drumming, il basso e la solita magnifica voce baritonale di Brown. Per capire quanto fossero avanti con i tempi, in "A little sleep" i Deliverance si avventurano in un rap metal dal
ritmo vertiginoso in stile Red Hot Chili Pepper e Faith No More, in "Map" impastano più voci su un metal dal ritmo schizofrenico e nevrotico cantato ancora in stile Bowie, in "Breathin Still) non hanno paura di confrontarsi nel prog rock dall'intro strumentale ed un refrain malinconico-decadente che cerca di farsi strada nello stridere di chitarre e tastiere, mentre in "On the fritz" c'è aria di dark new wave, il refrain ripetitivo è sorretto dalle linee di basso e batteria e lo stile sa molto di HIM.
Un disco da recuperare, un lavoro interessante e variegato non solo musicalmente ma anche nei testi, tutti a sfondo religioso .
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