Mi ero imbattuto negli
Endless Pain qualche anno fa, all’epoca dei primi demo, incuriosito dal fatto che vedevo spesso e volentieri il loro nome sulle locandine dei concerti lombardi, zona di origine della band. Ricordo anche, però, che rimasi decisamente deluso dalla loro proposta, in quanto latitavano sia le idee che le capacità esecutive. Mi sono avvicinato, quindi, a questo nuovo “De-Generation war” con un certo interesse, per vedere se dopo quattro demo, un full length e le numerose date live di cui parlavo, la band fosse migliorata o meno… Beh, devo dire che la delusione è stata notevole… Non sono molti, infatti, i miglioramenti rispetto ai primi lavori pubblicati. Le idee sono ancora troppo derivative, e quando dico questo non intendo dire solo stilisticamente, che non sarebbe assolutamente un problema, ma intendo proprio dire che alcuni riff sono saccheggiati da gruppi storici della scena thrash, quella tedesca nello specifico. E anche dal punto di vista esecutivo non ci siamo ancora, soprattutto per quanto riguarda il lavoro svolto da Gigi dietro le pelli, spesso impreciso ed approssimativo. Mi spiace essere così duro e diretto, ma quando le cose non vanno è giusto sottolinearlo. Anche per sfatare un altro mito, quello dell’old school thrash metal, filone al quale molti gruppi hanno deciso di rifarsi, finendo così, tra l’altro, per inflazionare la scena e svilirla qualitativamente. Beh, suonare thrash old school non significa necessariamente farlo in maniera superficiale. Quello che facevano i Destruction o i Sodom sui primi grezzissimi dischi aveva un senso inquadrato in quel periodo storico, ora non più… Va bene rifarsi a quelle sonorità, ma suonando decentemente però… E sinceramente sentire alcuni tempi di batteria o alcuni assoli presenti su questo cd mi ha fatto venire discreti dolori di stomaco. Per dovere di cronaca devo anche dire che non tutto è da buttare, qualche bel riff qua e là spunta fuori, e in generale ci sono due o tre pezzi più maturi che si fanno ascoltare con piacere e ti fanno anche scapocciare violentemente, ma è comunque troppo poco, soprattutto considerando il fatto che stiamo parlando del secondo album completo messo su da una band che va avanti da sette anni ormai. Da segnalare, infine, la partecipazione, in qualità di special guest sul brano “Silent sickness”, di Manuel Merigo, ascia dei veterani In.Si.Dia, vecchio e storico gruppo bresciano. Concludendo, non me ne voglia il gruppo, ma per quanto mi riguarda c’è ancora molto su cui lavorare…
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