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Six Feet Under sono sempre stati per me uno dei misteri più inspiegabili del panorama estremo internazionale. Nonostante abbiano alle loro spalle una carriera più che decennale, passata a comporre numerosi dischi e a suonare sui palchi più prestigiosi del mondo, avendo spesso tra le loro fila delle autentiche leggende (prima tra tutte ovviamente Chris Barnes), i nostri non sono mai riusciti a donarci dei lavori che vadano oltre ad una risicata sufficienza. Spesso anzi ci siamo trovati di fronte ad autentici aborti musicali - mi vengono ancora i brividi quando ripenso al incredibilmente orrendo "Warpath" - che però non hanno impedito al gruppo di proseguire il loro cammino e di usufruire sempre di grandi lanci pubblicitari e di pieno sostegno dalla loro casa discografica.
Fortunatamente "Death Ritual" prosegue lungo quella strada di risanamento e di redenzione già intrapresa con i precedenti lavori, lasciando alle spalle tutti i tentativi di contaminazione e di pseudosperimentalismo per riscoprire quelle che sono le radici del death. Nei 13 pezzi di questo fine 2008 ci troviamo di fronte principalmente a suoni e ritmiche in stile fine anni 80 / inizio anni 90, con pezzi cadenzati che si alternano a passaggi più ritmati e a rallentamenti mortiferi alla maniera degli Autopsy di "Mental Funeral", con qualche riffettino alla Slayer qua e là e alcuni vaghi richiami ai Cannibal Corpse più recenti (come l'iniziale "Death by Machete" ad esempio).
Cose che purtroppo al giorno d'oggi non fanno più paura a nessuno, come si può facilmente immaginare. "Death Ritual" è infatti caratterizzato da una generale mancanza di vera ispirazione, che viene nascosta con molto mestiere, esperienza e profonda conoscenza delle sonorità proposte. Chris dal canto suo limita finalmente al minimo i suoi strilli ultrasonici ed introduce un incredibile growl vibrato che, se ottenuto senza l'ausilio di filtri o manipolazioni, va oltre a quelle che sono le capacità fisiche di una persona. Sfotunatamente, non manca anche l'orrenda cover da rocker mancato (questa volta è il turno di "Bastard") ad abbassare il giudizio finale, che ancora non va oltre una discreta sufficienza.
E considerato quello che i Six Feet Under sono riusciti a combinare in passato ("Warpath"...brrrr...) spiace dirlo ma questo è già un buon traguardo.
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