Questi vedono lungo...I
Clairvoyants hanno già da qualche tempo varcato la soglia delle tribute band (per anni sono stati uno dei più validi testimonial degli Iron Maiden) lungo un percorso che è culminato nel loro esordio discografico, "Word to the Wise", composto principalmente da brani propri e da un'unica cover, piazzata in chiusura dell'album e, soprattutto, caratterizzata da una graditissima sorpresa.
Il disco si apre sulle note della spigliata "Journey Through the Stars", un refrain azzeccato e le chitarre leste a rincorrersi, mentre sulla successiva "The Lone" i Clairvoyants prediligono atmosfere più cupe che danno risalto alla ritmica, con una superba prova di un Gabriele Bernasconi che non ha mai scimmiottato Bruce Dickinson prima e tanto meno commette questo errore ora, dimostrando invece personalità e versatilità. Una doppietta questa che dipana immediatamente i (leciti) dubbi che potevano ancora sussistere sulla consistenza del gruppo. Con "Choose the Truth" comincia poi a delinearsi quello sforzo fatto dai Clairvoyants per scrollarsi di dosso (almeno in parte) le ingombranti influenze maideniane in favore di un Heavy Metal, grintoso e robusto, dai rimandi alla storica NWOBHM ma pure ad un più vicino ed attuale Power Metal, per un brano meno immediato e "facile" dei due precedenti, e che pertanto necessità di un paio di ascolti in più per poter essere apprezzato appieno, una riflessione che si può estendere alla drammatica "The Pain of Sight" che in diversi passaggi ricorda più i Savatage o gli Angel Dust che i Maiden. Un problema quello dell'immediatezza che non coinvolge invece "Sheer Hate", che al di là dei toni oscuri che ricordano certi brani di Blaze Bayley (con il quale ha collaborato Luca Princiotta, autore del pezzo) scorre via possente e diretta. Non sprizza allegria nemmeno la seguente "Back to My Dreams", con le chitarre che ben ne sottolineano l'andamento malinconico, mentre i cori melodici si infrangono contro un'interpretazione ben più ruvida di Bernasconi. L'inizio melodico di "Step Aside" potrebbe far pensare ad una ballad, invece si trasforma repentinamente in un roccioso midtempo e, infatti, tocca a "Closure" garantire il tasso di melodia all'album, certo non si tratta di nulla di "mai sentito prima", ma l'interpretazione dei Clairvoyants e dell'ospite Oliver Palotai (dai Kamelot) al pianoforte, ne fanno uno dei pezzi più belli ed intensi di "Word to the Wise". Gli succede proprio la titletrack e, come spesso succede in questi casi, è anche il brano più rappresentativo ed in grado di riassumere tutte le varie sfaccettature messe sinora in mostra, una gran voce, cori, assoli, ritmiche sostenute... insomma tutto quello che deve confluire in un pezzo Metal.
L'ultimo capitolo è il vero colpo di grazia del disco, con i Clairvoyants che vanno a scegliere quella che per il sottoscritto è la canzone che identifica l'Heavy Metal: "Hallowed Be thy Name", ripresa in maniera superlativa, con alla voce un bravissimo (ma il pathos di Dickinson resta inavvicinabile!) Andre Matos.
Un omaggio, questo, che arricchisce un album che ad ogni modo sta in piedi sulle proprie gambe... d'acciaio!
it seems the powers getting stronger
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