“A Genesis In My Bed” è l’autobiografia di
Steve Hackett, indimenticato chitarrista dei
Genesis “che furono” nonché prolifico solista tuttora in piena attività.
Nelle circa 200 pagine edite da
Rizzoli Lizard, l’artista si concentra soprattutto sull’infanzia (più complessa di quanto avrei immaginato) e sugli anni al fianco di
Peter Gabriel, Phil Collins, Tony Banks e Mike Rutherford, lasciando alle esperienze successive poco più di un quarto dell’opera (ricordo che
Hackett ha abbandonato i
Genesis nel 1977, su pressione della stessa band che non vedeva di buon grado la sua parallela e avviata carriera solista).
Questa “sproporzione”, se da una parte sembrerebbe mettere in secondo piano i momenti più critici della carriera del chitarrista (che si sfoga contro il punk definendolo
“non la scopa che spazzava via il vecchio, ma uno spazzolone da cesso che spandeva germi”) dall’altra si traduce in un puntuale elenco di tutti i contributi diretti al sound progressivo dei
Genesis, dalla scelta della strumentazione (Mellotron in primis) alle sezioni dei brani più elaborati e celebri.
Forse è proprio questo l’aspetto più “spiacevole” del libro, che nel complesso sarebbe anche scorrevole e ben scritto, ma se
Hackett non ha mai nascosto un certo risentimento nel non aver goduto dell’adeguato riconoscimento della band madre (nel libro vengono riprese anche le polemiche sul documentario del 2014
“Sum Of The Parts”, con i tagli “a sorpresa” attribuiti a
Rutherford), con
“A Genesis In My Bed” questo pseudo-rancore viene messo nero su bianco una volta per tutte, nonostante tante frasi di circostanza della serie “ma devo molto ai
Genesis e gli voglio bene lo stesso”.
Tra ricordi di una Londra post-bellica dickensiana (con le sue scuole descritte come carceri), aneddoti non particolarmente impressionanti (
“A Genesis In My Bed” altro non è che l’esclamazione di una groupie ritrovatasi a letto con il chitarrista) e vere e proprie confessioni di fragilità emotiva (ansie e paure contemporaneamente alimentate e sedate dai genitori, con cui
Hackett sembra quasi avere un rapporto morboso nei momenti più delicati della sua vita), ogni tanto si parla anche di musica, senza però quel grado di dettaglio che mi sarei aspettato da quel professionista che ci ricorda di aver inventato il
tapping prima di
Eddie Van Halen.
Mah.
Titolo: A Genesis In My Bed
Autore: Steve Hackett
Traduzione: Marco Bertoli
Pagine: 205
Casa Editrice: Rizzoli Lizard
Prezzo: € 20,00
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