The Who – 23 Giugno 2015 – 3Arena, Dublino
Qualche mese fa girovagando su internet venni a sapere che i
The Who si sarebbero imbarcati in un nuovo (forse l’ultimo) tour europeo. Misi la notizia in stand by nel cervello, sperando che, nel frattempo, la band decidesse di aggiungere anche una data italiana. Naturalmente così non è stato. E per fortuna, aggiungerei io, visto che questo mi ha spinto a cercare una destinazione tra le sei previste qui in Europa, e dopo essermi fatto due calcoli ho deciso di preparare armi e bagagli e andare in quel di Dublino per assistere al loro show.
Per fortuna, dicevo, perché, come è facile immaginare, alla fine la mia si è rivelata una scelta azzeccatissima. Come qualcuno di voi ben saprà, il livello dei concerti all’estero è lontano anni luce da quello italiano. La 3Arena è assolutamente perfetta, organizzata nei minimi dettagli per essere fruibile da tutti, ogni settore è provvisto di servizi igienici, bagni e di steward educatissimi che ti accompagnano fino al tuo posto, ma quello che più conta è che ha un’acustica eccezionale. L’unico rammarico che ho è che essendo andato lì in vacanza e non in veste di scribacchino della Gloria, ed essendo abituato ai controlli esagerati a cui siamo sottoposti ogni volta che entriamo ad uno show qui in Italia, ho lasciato in ostello la mia reflex, quando invece avrei potuto portarla tranquillamente visto che all’ingresso hanno controllato soltanto il biglietto (peraltro, non c’era assolutamente la calca che si crea qui da noi, tutti erano educatamente e rigorosamente in fila, e siamo riusciti ad entrare in una manciata di minuti…), per cui non ho potuto fare foto, quindi dovrete accontentarvi del video amatoriale che ho pubblicato in basso.
Con una precisione svizzera alle 18.30 sono state aperte le porte, senza il benché minimo ritardo, e con altrettanta precisione alle 19.30 è iniziato lo show dei
The Last Internationale, la band che ha avuto l’arduo compito di aprire le danze. Il trio americano, capitanato dalla provocante Delila Paz, ha cercato fin dalle prime note di sfruttare al meglio questa occasione irripetibile per la sua carriera, provando a coinvolgere i pochi presenti (l’arena si riempirà del tutto solo a ridosso dell’inizio dello show principale) a suon di rock. Moderno, sicuramente, ma senz’altro rock lo stile dei nostri, che però manca di quel qualcosa che fa la differenza, tant’è che mi sono chiesto più volte, durante la loro esibizione, quale santo li avesse raccomandati per fargli ottenere il ruolo di opening act per una band tanto importante quanto gli Who. Le canzoni non convincono e scivolano via senza sussulti, ma nonostante ciò il pubblico irlandese ha assistito in tranquillità al loro concerto, cercando anche di incitarli ad ogni fine brano (qui in Italia sarebbero stati fischiati dalla prima all’ultima nota). I 45 minuti scarsi a loro disposizione scorrono via velocemente, e non basta la cover di “Hey hey, my my” del mitico
Neil Young a risollevare le sorti di uno show che non resterà certamente tra gli annali della storia dei live concert e che si farà ricordare quasi esclusivamente per la prova molto fisica del drummer…
Una mezz’oretta per smontare il backline degli americani, far scaldare un po’ il pubblico, che nel frattempo è arrivato copioso ed ha riempito completamente la 3Arena, ed ecco che con altrettanta precisione, alle 20.45, in tutta tranquillità e senza tanti fronzoli ed effetti scenici, gli Who salgono sul palco, come se si trovassero ad una festa tra amici. Zak Starkey schiocca il quattro con le bacchette e “I can’t explain” infuoca i presenti… Roger oltre a sfoggiare un fisico da trentenne è anche in piena forma vocale e per tutto il concerto darà vita ad una performance di alto livello, nonostante i suoi 71 anni di età. Pete non salterà più come in gioventù ma continua a martoriare le sue Fender Stratocaster, con le quali instaura un rapporto morboso (e se un settantenne qualunque di nostra conoscenza facesse roteare il braccio per tutto lo show come fa lui, penso gli si staccherebbe e volerebbe in qualche settore remoto dell’arena…).
Ma la cosa che mi ha lasciato più basito è che se un gruppo può permettersi di inserire “My generation”, cioè il loro inno più conosciuto, al sesto posto in scaletta, vuol dire che ha talmente tanti classici a disposizione che non ha assolutamente problemi a ‘bruciarne’ uno ad inizio concerto. Già, perché solo qualche mese fa è stata pubblicata la compilation “The Who hits 50!”, per festeggiare i 50 anni di carriera della band, con ben 42 brani scelti tra i migliori della lunga discografia di Townshed e soci. Questa sera per ovvi motivi di tempo non saranno eseguiti tutti e 42, ma se vi nomino “Behind blue eyes”, “The kids are alright”, “I can see for miles”, “Baba O’Riley”, “Pinball wizard”, “A quick one (while is away)” o “Who are you” (e potrei continuare ancora), potete farvi un’idea del livello dello show messo su dal dinamico duo.
Niente fronzoli, niente trovate sceniche, soltanto qualche gioco di luce, qualche immagine sul maxi schermo presente alle loro spalle, e tanta, tantissima musica, per due ore di concerto quasi ininterrotto. Nessun noioso assolo di batteria per far fiatare i due grandi vecchi, nessuna interruzione per poi rientrare per il bis, tutto è filato via senza soluzione di continuità, salvo qualche piccola pausa durante le quali sia Roger che Pete hanno intrattenuto il pubblico con simpatici aneddoti in pieno british style, con quell’umorismo che solo gli inglesi hanno.
Tra ulteriori classici e qualche chicca (“Water” è stata suonata dal vivo in questo tour per la prima volta dal lontano 1971), ci si avvicina, purtroppo, alla fine, ma c’è ancora il tempo di sparare altri due o tre colpi micidiali, come “See me, feel me”, la già citata “Baba O’Riley” e l’arcinota “Won’t get fooled again”, che mette il sigillo ad uno show veramente memorabile.
Ammetto che avevo qualche remora sullo stato di salute della band, in particolare sulle condizioni della voce di Daltrey, ma devo ammettere che mi sono dovuto ricredere alla grande. Due settantenni che sprizzano energia da tutti i pori e che fanno ancora mangiare la polvere a tanti trentenni che non avranno mai la loro energia e soprattutto la loro aura di miti viventi.
Così come è iniziato, altrettanto educatamente, velocemente e senza intoppi finisce il tutto, con la gente che con estrema calma e disciplina lascia l’arena con un sorrisone gigante stampato sulla faccia, e la consapevolezza di aver assistito ad un grande show. La mia teoria secondo la quale le grandi band degli anni ’60 e ’70 hanno sempre avuto e continuano ad avere una marcia in più, specialmente in sede live, dove in pratica sono nate 40 o 50 anni fa, stasera ha trovato ulteriore conferma. Un altro tassello è stato aggiunto al mio personale mosaico rock, e, come un bambino a cui hanno appena regalato un lecca lecca, torno in ostello a piedi, costeggiando il Liffey e canticchiando i brani appena sentiti, con la maglietta d’ordinanza appena acquistata e un sorriso beota sulla faccia… in fondo, la bellezza del rock è anche questa…
Tracklist:
I CAN'T EXPLAIN
THE SEEKER
WHO ARE YOU
THE KIDS ARE ALRIGHT
I CAN SEE FOR MILES
MY GENERATION
BEHIND BLUE EYES
BARGAIN
JOIN TOGETHER
YOU BETTER YOU BET
WATER
I'M ONE
LOVE, REIGN O'ER ME
EMINENCE FRONT
A QUICK ONE (WHILE HE'S AWAY)
AMAZING JOURNEY
SPARKS
PINBALL WIZARD
SEE ME, FEEL ME
BABA O'RILEY
WON'T GET FOOLED AGAIN