(01 giugno 2018) Iron Maiden, Live at Tele2 Arena (Stockholm), 1 giugno 2018

Info

Provincia:non disponibile
Costo:65 skr
Ce l’ho fatta!
Stupendo anche me stesso, e contro ogni pronostico, riesco a giungere alla Tele2 Arena di Stoccolma senza aver sbirciato alcunché in rete: setlist, produzione, palco, improbabili outfit di Bruce… sorpresa totale!

La speranza, mentre varco la soglia del gigantesco palazzetto, è che tale eroico contegno venga premiato dalla mia band prediletta, storicamente poco incline ad imprevedibili colpi di teatro e prudente anzichenò in termini di scalette live.
D’altro canto il tema videoludico del tour, oltremodo fluido e del tutto slegato da oneri promozionali, suggerisce un cauto ottimismo in termini di chicche per i fans di lungo corso.

Ma non precorriamo i tempi: prima suonano i…

KILLSWITCH ENGAGE
Sarà che quando il menu prevede i Maiden come portata principale gli antipasti, al mio palato, risultano sempre insapori, ma sta di fatto che i Killswitch Engage, tutt’altro che gli ultimi arrivati, non riescono a convincermi sino in fondo.
Il loro metalcore mai troppo brutale e con un occhio sempre attento alle tessiture melodiche (soprattutto all’altezza dei magniloquenti chorus, come potrete immaginare) rientra nel novero delle branche metal che mai hanno fatto palpitare il mio cuoricino. Sound troppo americaneggiante, troppo “moderno” (virgolette d’obbligo per una compagine fondata quasi vent’anni orsono) per il mio palato retrogrado e stasera affamato di classicità.

Così, in modo sinistramente simile a quanto accaduto con gli Shinedown ad Anversa lo scorso anno, mi trovo ad assistere ad una esibizione di apertura alla Vergine che, seppur valida sotto il profilo esecutivo, scorre senza lasciar particolare traccia emotiva. Proprio come un antipasto ingurgitato per placare i morsi dell’appetito, e non per l’effettivo gusto dello stesso.
Uscendo dalla metafora culinaria: palesa analogo contegno il resto del pubblico, che applaude e incita con sobria moderazione (i giovincelli più degli anzianotti), proprio come ci si aspetterebbe da un’audience scandinava.

Non si giudicherà un libro dalla copertina, ma con ogni probabilità non aiuta la causa del coinvolgimento una presenza scenica piuttosto disorientante.
Al netto di Jesse Leach, frontman scafato e con innegabile physique du rôle, ci troviamo di fronte a:
- un chitarrista barbuto con bandana ed un batterista che, senza offesa, denotano il carisma di una cassapanca in finto legno;
- un bassista che, per aspetto e movenze, sembra uscito da un gruppo U.S. thrash di metà anni ’80;
- il restante chitarrista, un cristone in pantaloncini e canotta neri, che si muove in modo così goffo da sembrare Will Ferrell alle prese con un mockumentary sulla scena hardcore newyorchese.
Si poteva far di meglio, se mi è concesso.

Frivole dissertazioni estetiche a parte assistiamo comunque ad un buon concerto, che annovera tra gli highlightsMy Curse”, gran bel brano che ai tempi del cazzeggio universitario suonavo alla perfezione (sebbene a Guitar Hero, ma son dettagli), e una godibile cover di “Holy Diver”, mossa senz’altro tesa alla captatio benevolentiae ma godibile nondimeno.
Bravi, ma quest’oggi non molto più che un -pur piacevole- passatempo.

IRON MAIDEN
Alle 21 in punto, dopo l’immancabile “Doctor Doctor”, prorompe nell’aere la baritonale voce di Winston Churchill, che per l’ennesima volta nella sua carriera post mortem si trova a dichiarar guerra alla Germania nazista dal palco degli Iron.
I quali, nel visibilio generale, rispondono prontamente alla chiamata del loro ex primo ministro, palesandosi assieme alla riproduzione di uno Spitfire e deliziando la Tele2 Arena con una versione di “Aces High” un pelo più lenta rispetto a quella in studio, ma comunque incendiaria.
Inizio al fulmicotone, come si scriveva una volta.

Io, tanto per dire, sarei anche a posto così, ma il sample belligerante e quel fondale innevato… possibile ripeschino addirittura “Where Eagles Dare”?
Eccome: eccola lì, la leggendaria intro di batteria di Nicko! Scelta ardimentosa (per non dire suicida) per le corde vocali di Bruce, che tuttavia sfodera una prestazione da fuoriclasse quale è, così come l’intero sestetto, sinora decisamente in palla.
Gaudio massimo.

È poi la volta del classicone “2 Minutes to Midnight”, intonata come sempre a squarciagola da tutti i (numerosissimi: oltre 40.000) presenti.
Dopo una breve introduzione di Dickinson (rimarrà l’unica della serata) tocca a “The Clansman”, altro ripescaggio da lacrimuccia. Ricordo ancora la mia delusione allorquando lessi che, in occasione della presentazione dell’autobiografia, un fan scozzese chiese al cantante se avessero intenzione di riproporre il pezzo in sede live, per sentirsi rispondere con un ghigno sardonico ed un garbato ma netto diniego… ebbene: qui mi sa che mr. Harris si sia impuntato, e sono lieto l’abbia fatto!

Inizio a riacquisire frammenti di raziocinio dopo la trance mistica che da sempre mi attanaglia in occasione dei live della compagine britannica, realizzando così che:
- i volumi sono generosi (chitarra di Janick a parte, ma ormai ci ho fatto il callo) e piuttosto nitidi (sebbene mai nitidissimi, ed anche a questo ho fatto il callo);
- palco, scenografie ed impianto luci si palesano in tutto il loro splendore canzone dopo canzone;
- Bruce ha deciso di dare un taglio ancor più istrionico e teso all’intrattenimento del solito: non si contano i cambi d’abito, gli ammennicoli di scena, i siparietti di cui si rende protagonista, donando allo show una dimensione di spettacolarità mai riscontrata sinora.
Esemplare, a tal proposito, il duello all’arma bianca con Eddie durante la micidiale “The Trooper”; d’altra parte il singer di Worksop è anche, tra le altre cose, un abile schermidore, ricordate?

Altra sfaccettatura inusuale per i live dei Maiden: la suddivisione della setlist in concept tematici. Così, dopo una cinquina incentrata sulla guerra, inizia un quadrittico a sfondo religioso.
E quale modo migliore per iniziare detto segmento di “Revelations”, resa in modo spettacolare e commovente oltre ogni dire?
Senza soluzione di continuità vengono snocciolati due dei migliori episodi post reunion: il torrenziale sfogo di “For the Greater Good of God” -sempre divina, tanto per restare in tema, la coda strumentale- e l’inno pagano di “The Wicker Man”, assolutamente perfetta per la riproposizione dal vivo.

È poi tempo per il secondo, inatteso colpo di coda della bistrattata era Blaze: “Sign of the Cross”. Il mio parere è presto scritto: fosse stata cantata da Dickinson e registrata decentemente, verrebbe considerata uno dei picchi assoluti dell’intero catalogo maideniano.
La teatralità è a mille grazie al suggestivo backdrop, ad un Bruce incappucciato simil-Dance of Death che brandisce una croce luminosa, al sapiente uso dell’effetto nebbia… peccato che, nel bel mezzo della porzione strumentale, il timing del buon Nicko si smarrisca nella bruma, così come la chitarra di Dave Murray, con conseguente spaesamento dei restanti musici, i quali, per qualche interminabile istante, si scambiano sguardi colmi di perplessità, senza riuscire a ritrovare il filo conduttore.
Non senza affanno, i nostri eroi riescono a riallinearsi in occasione della sezione successiva, coi fuochi d’artificio a simboleggiare la salvifica uscita da un faux pas esecutivo insolito per una band di questo calibro.
Capita anche ai migliori… ed in effetti, passato l’imbarazzo, i sei trovano anche il modo di riderci su e di concludere il brano in modo perfetto.

Senza intoppi, invece, la gloriosa riesumazione di “Flight of Icarus”, che non veniva proposta dal vivo dai tempi delle guerre puniche -Steve l’ha sempre ritenuta troppo lenta e fiacca-.
Mi permetto umilmente di dissentire: il pezzo riesce benissimo, nonostante un Bruce palesemente “distratto” dal doppio lanciafiamme in dotazione (manco fosse Till Lindemann).

Le ben note note -polittoto involontario- di “Fear of the Dark” (con Dickinson in versione gondoliere fantasma) inaugurano nel modo migliore il segmento conservativo della scaletta.
Sarebbe stato lecito attendersi una terza porzione tematica?
Che so: quartetto a sfondo letterario composto da “To Tame a Land”, “The Rhyme of the Ancient Mariner”, “Lord of the Flies” e “Murders in the Rue Morgue”? Trittico a tema sogno con “Infinite Dreams”, “Wildest Dreams” e “Dream of Mirrors”?

Direi che in fondo, seghe mentali da nerd a parte, va bene così. Esistono anche i fans casual e/o giovani che attendono i classici, e non solo i ferventi cultori della Vergine come il sottoscritto.
Tra l’altro: non che mi spiaccia ascoltare per la ventinovesima volta dal vivo meraviglie intramontabili del calibro di “The Number of the Beast” (nonostante qualche piccola sbavatura vocale in chiusura) o “Iron Maiden”, anzi.

Lo stesso può dirsi dei bis: come lamentarsi di fronte a capolavori assoluti quali “The Evil that Men Do” o “Hallowed be thy Name” (per chi scrive LA canzone della Vergine, fortunatamente ripescata dopo il ritiro delle accuse di plagio da parte dei Beckett)? Impossibile.
Run to the Hills”, leggermente screziata in apertura dalle bizze della chitarra di Dave -serata poco fortunata per lui- ma comunque splendida, scrive la parola fine.

Esco dalla Tele2 Arena felice come un bambino al luna park, consapevole di aver assistito ad uno spettacolo forse non perfetto tecnicamente, forse troppo “Piece of Mind”-centrico, ma carico di una vitalità, di un dinamismo e di una capacità di coinvolgimento senza pari, oltre che sollevato dalla certezza che non è finita qui: Firenze, Milano e Trieste incombono.
Non vedo l’ora.

KILLSWITCH ENGAGE setlist:
1- Strength of the Mind
2- A Bid Farewell
3- Life to Lifeless
4- Hate by Design
5- Always
6- My Last Serenade
7- Rose of Sharyn
8- The End of Heartache
9- My Curse
10- In Due Time
11- Holy Diver

IRON MAIDEN setlist:
1- Aces High
2- Where Eagles Dare
3- 2 Minutes to Midnight
4- The Clansman
5- The Trooper
6- Revelations
7- For the Greater Good of God
8- The Wicker Man
9- Sign of the Cross
10- Flight of Icarus
11- Fear of the Dark
12- The Number of the Beast
13- Iron Maiden
Encore:
14- The Evil That Men Do
15- Hallowed Be Thy Name
16- Run to the Hills
Report a cura di Marco Cafo Caforio

Ultimi commenti dei lettori

Non è ancora stato scritto nessun commento per questo concerto! Vuoi essere il primo?