(20 febbraio 2025) Queensrÿche + Night Demon: "The Origins Tour 2025"

Info

Provincia:MI
Costo:49,22 euro
Come credo di aver espresso diverse volte nel corso degli anni nel nostro glorioso Forum, considero i primi due lavori dei Queensryche non solo il top assoluto della loro discografia, ma uno dei vertici assoluti della musica tutta, una sorta di iperuranio del Metal.
Ci sono altri gruppi ai quali probabilmente sono maggiormente affezionato in assoluto per questo, questo e quest'altro motivo, ma se parliamo puramente di musica, la materia in oggetto è praticamente il mio ideale di perfezione metallica.
Non aspettatevi quindi da parte mia un'analisi oggettiva, fredda e distaccata, perché per me è stata una sorta di sogno ad occhi aperti.

Ma veniamo al dunque.
Personalmente ho un pessimo rapporto coi Magazzini Generali, un po' per Il modo in cui è strutturato, con il suo corridoio lungo e stretto, ma soprattutto per colpa dei suoni.
Sarò stato sfigato io, ma ogni concerto al quale abbia assistito ai Magazzini ha sempre avuto pessimi suoni; e ne ho visti parecchi, anche di gruppi che amo particolarmente (Pain Of Salvation e Baroness su tutti), ma per quanto amore abbia potuto provare in tali occasioni, non è stato ai abbastanza grande da celare il fastidio.
Quando arrivo sul luogo del delitto, poco prima che attacchino i puntualissimi Night Demon, vedo la sala mezza vuota e mi prende un po' di sconforto, ma sentimenti positivi prendono il posto della mestizia quando inizia la musica e con sommo stupore riesco a sentire distintamente tutto: volume non eccessivo, strumenti bilanciati ed udibili distintamente, nessuna traccia del solito pastone sonoro disordinato e ronzante...possibile che stavolta riesca a scamparla?
Lo scoprirò solo un'ora più tardi.
Nel frattempo mi godo l'ottima esibizione dei Night Demon, che avendo solo un set di 45 minuti a disposizione se lo giocano nel miglior modo possibile: zero chiacchiere e tanto sudore.

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Sono venuti a Milano per masticare chewing-gum e spaccare culi. Ma hanno chiaramente finito le cicche.
Il trio è veramente in forma, hanno passione e attitudine da vendere, le canzoni si susseguono senza soluzione di continuità, basso e chitarra occupano il palco in maniera dinamica ed il batteraio ha una gran bella pacca.
Sulle note di "The Chalice" c'è anche spazio per l'ingresso della mascotte della band, sorta di piccolo Eddie che ha regalato un momento di simpatia.
Band di apertura ideale, a fine serata poi li ritroveremo al banchetto del merchandise, ben contenti di scambiare saluti e strette di mano a tutti quelli che passavano da quelle parti.
Promossissimi.
Oltre alla soddisfazione per l'ottimo spettacolo di apertura, durante la seguente mezz'oretta di pausa comincia fortunatamente ad aumentare in maniera vistosa il pubblico.
Il timore di una italica pessima figura sembra scongiurato: anche se la sala non è esattamente stracolma, l'affluenza è più che dignitosa... ed insieme al numero degli spettatori comincia a crescere anche l'adrenalina.

Alle 21:02 si apre il sipario.
Scenografia minimale ma efficace: i tarocchi della storica copertina di "The Warning" di fianco alla batteria, il leggendario logo giallo dell'EP sullo sfondo.
Parte l'intro di "Queen of the Reich" e comincio ad entrare in un'altra dimensione: quella del sogno.
Solo in quel momento mi rendo realmente conto di quello che sta per accadere e mi si stampa un sorrisone interiore (probabilmente anche esteriore) che non mi abbandonerà più fino alla mattina seguente.
Primo colpo di scena: i suoni non sono peggiorati; c'è solo un momento di panico a metà di "Nightrider", un'improvvisa perdita di potenza, tipo quando tua madre entrava in stanza e abbassava di colpo il volume dello stereo, ma fortunatamente dura solo pochi secondi, poi tutto tornerà alla normalità e filerà liscio per il resto dello spettacolo.
Forse ci voleva un evento epocale come questo per sfatare la maledizione dei magazzini.
Sulla musica cosa mai potremo commentare che non sia già stato detto?
Lasciatemi dire solo questo: nonostante sapessi fin dall'inizio cosa aspettarmi e nonostante abbia ascoltato queste canzoni in questo esatto ordine per un numero incalcolabile di volte, ritrovarsi ad ascoltarle dal vivo, una in fila all'altra, ad oltre 40 anni dalla loro nascita e ad oltre 30 dalla prima volta in cui io le ho conosciute, riesce lo stesso a regalare una sensazione di stupore difficile da spiegare.
Stupore nel constatare come non siano invecchiate di una virgola, come suonino ancora tutte incredibilmente fresche, come siano tutte dei capolavori senza tempo.
Ad ogni pezzo ti viene da esclamare che quello sarà il punto più alto del concerto, salvo poi venire smentito da quello successivo.
Perfino quando sai di essere quasi alla fine e, dopo aver già assistito a tutta quella manna dal cielo che va da "Queen of the Reich" a "NM 156", ti ritrovi quasi in lacrime ad urlare "Take Hold!" e a pensare che non potrà esserci più nulla oltre a quella intensità, qualche minuto dopo attacca "Roads to Madness" e ti rendi conto che il meglio doveva ancora arrivare.
I cazzo di brividi, ragazzi, ve lo giuro... e, a guardarmi intorno, non mi sembra di essere l'unico ad aver provato certe emozioni.
Vedo tanti capelli bianchi ed un'età media drammaticamente alta... ad un certo punto LaTorre se la chiacchiera un po' e chiede per alzata di mano quanti tra il pubblico stiano assistendo per la prima volta ad un loro concerto. Le mani che si alzano sono decisamente poche; magari perché in tanti non comprendono l'inglese, ma più probabilmente perché siamo effettivamente la vecchia guardia. Tanti sono "in borghese", il tizio di fianco a me sembra appena uscito dalla filiale di una banca.

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Il pubblico non è rumorosissimo ma è discretamente partecipe, batte le mani quando deve, fa partire gli Oh! quando deve, canta, è vivo ma non scalmanato.
Io stesso mi rendo conto di essere più contenuto del solito, non canto tutte le canzoni a squarciagola come un invasato, cerco semplicemente di godermi il momento e così credo facciano tanti altri. Forse sarà anche per questo che, fortunatamente, il numero di telefoni alzati al cielo ad immortalare l'evento è decisamente ridotto rispetto ad altre drammatiche esperienze recenti.
Siamo dei vecchiacci e al cielo ci limitiamo ad alzare fieramente pugni chiusi e corna.

Parliamo della band? Immagino che vorrete leggere due righe a riguardo.
Francamente, gli ingredienti sul piatto sono di tale qualità che non serve uno chef stellato per portare a casa la serata.
Due di questi signori sono lì da sempre, hanno l'enorme merito di aver contribuito a dare alla luce queste canzoni immortali ed ora sono qui a ripresentarcele nel miglior modo che le loro possibilità di oggi gli concedono.
Sornione e apparentemente rilassato Eddie Jackson, nelle retrovie, ma sempre pronto a guadagnare il microfono per le fondamentali seconde voci.
Più concentrato e serioso Michael Wilton.
Casey Grillo svolge un lavoro forse non troppo appariscente, ma puntuale.
Mike Stone invece, nonostante svariati anni di militanza, a me fa ancora l'effetto di uno imbucato a una festa, ma anche lui fa comunque il suo.
Nel complesso, nonostante qualche imprecisione ed uno show abbastanza statico (anche perché diciamocela tutta, il palchetto è quello che è, finché sei solo in due come i Night Demon è più facile correre da una parte all'altra, ma in quattro il margine di manovra è decisamente ridotto), portano tutti a casa la pagnotta.
Ma uno ne porta a casa più degli altri: lasciatemi spendere qualche parola su Todd La Torre.
Prima volta che lo vedo dal vivo e già lo stimavo per il modo in cui è entrato nella band in punta di piedi e l'ha rimessa in carreggiata in un momento difficile; ma dopo questo concerto, se possibile, lo stimo ancora di più.
La sua prestazione è semplicemente impressionante: sa benissimo di non essere l'istrionica prima donna che era il suo predecessore e non cerca certo di sfidarlo su quel campo, ma ha tante altre carte da giocarsi.
La prima delle quali è l'umiltà: il ragazzone è ormai nella band da più di 10 anni, ma la sensazione che emana quando calca il palco è quella di estremo rispetto e gratitudine.

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Si fa subito voler bene, la sua felicità nell'essere sul quel palco, in quel momento, a cantare quelle canzoni, è quasi tangibile.
Non cerca mai di strafare, non si mette a storpiare ritornelli o a inventarsi variazioni improbabili, ripropone le canzoni nel modo in cui la Storia ce le ha consegnate, ma senza mai scadere nella bieca imitazione.
Ed è incredibilmente generoso, non risparmia niente, si inerpica sulle note più improbabili, da fondo a tutto quello che ha in corpo con palpabile passione, non usa mai il trucco di far cantare il pubblico per tirare il fiato (se non quando è il copione ad imporlo).
La sua prestazione è monumentale, sinceramente non trovo altri aggettivi per descriverla (l'ultimo cantante che mi aveva impressionato in quel modo forse era stato Russell Allen durante la scorsa campagna italica dei Symphony X di qualche anno fa).
L'unica vera, minuscola critica che si può muovere ad uno spettacolo del genere è la durata: dopo 90 minuti era già tutto finito.
D'altronde lo sapevamo, il materiale quello è, ma sinceramente mi sento di condividere la scelta.
Lo show è prettamente incentrato sulla riproposizione di "EP" e "The Warning", non avrebbe avuto senso dare fondo alla restante discografia per allungare il brodo, se non per l'obbligatorio encore, durante il quale ci hanno regalato "Walk in the Shadows", "Jet City Woman" e "Eyes of a Stranger".
Non avrei potuto chiedere di più.

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Siamo benedetti dagli Dei: ascoltiamo la miglior musica al mondo.
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Live Report a cura di Paul Diamond
Report a cura di Ghost Writer

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