Quaranta e non sentirli!
Con quello di stasera a
Praga valico il traguardo dei quaranta concerti della
Vergine di Ferro; si tratta di un bel numero, eppure l’entusiasmo ed il senso di trepidazione sono immancabilmente quelli della prima volta.
Le lancette, ahimè, continuano a ticchettare per tutti noi, e temo che il sogno di raggiungere i cinquanta, prima del doloroso commiato dalla
band della mia vita, sia destinato a rimanere tale.
Chi vivrà vedrà, ma in questa sede presumo convenga soffermarsi sul presente, visto che di spunti d’interesse ce ne son già parecchi…
Raggiunta l’enorme e verdeggiante
location del concerto dopo una lunga traversata (credo di aver parcheggiato al confine con la Germania o giù di lì), mi accorgo che l’affluenza è decisamente superiore alle mie attese. Ed in effetti, le presenze si attesteranno addirittura intorno alle 60.000 (!) unità: risultato fantastico per un
tour che, a livello di freddi numeri, si sta rivelando un clamoroso successo per la compagine britannica.
Scopriremo a breve se con merito…
HALESTORMEcco: fra i vari spunti d’interesse di cui scrivevo poco sopra, tenderei a non annoverare il gruppo spalla.
Non me ne vogliano i
fans di
Lzzy Hale, inattaccabile sia per capacità canore che come intrattenitrice, ma ho sempre trovato la proposta degli
Halestorm sciapa, stucchevolmente orecchiabile e priva di reali picchi qualitativi.
Di certo contribuiscono alla scarsa resa del
set il senso di attesa per gli
headliner ed un
sound non esattamente tarato sui gusti dell’
audience odierna; fatto sta che l’
hard rock radio-friendly di matrice (sin troppo) americana proposto sembra scorrere sugli astanti come acqua fresca. Non dispiace ma nemmeno conquista, genera applausi ma mai entusiasmo, viene più tollerato che apprezzato.
La
Hale ed il (bravo)
drummer, ad onor del vero, si sbattono non poco, e fanno del loro meglio per innalzare il tasso di coinvolgimento; i risultati, ciò nonostante, rimangono tiepidi.
Non vorrei risultare troppo severo, ma al tempo stesso non posso dirmi dispiaciuto per il fatto che le restanti due date di questo tour a cui assisterò, ossia Lisbona e Padova, annoverino gli
Avatar come
band di apertura…
IRON MAIDENInutile recriminare sugli elementi di contorno: sono le 20.00 in punto, e dalle casse si diffondono le inconfondibili note di “
Doctor Doctor”, seguite a ruota da quelle di “
The Ides of March”, a loro volta accompagnate da un video dall'alto tasso cinematografico.
Il che ci fornisce un notevole assist per inaugurare la nostra disamina...
PalcoGli stessi
Steve e
Bruce, in sede di presentazione del “
Run for your Lives World Tour”, avevano più volte ribadito come ci saremmo dovuti aspettare la più imponente produzione di sempre, oltre a notevoli cambiamenti rispetto al passato.
Riguardo al primo punto non me la sento di sbilanciarmi, continuando a ritenere la produzione del “
Legacy of the Beast Tour” difficilmente eguagliabile; con riferimento agli elementi di novità, invece,
nulla quaestio.
I
Maiden infatti, per la prima volta nella loro ormai cinquantennale carriera, hanno deciso di cedere alla modernità, rinunciando ai cari vecchi teloni "disegnati a mano" in favore di un mega-schermo (o l
edwall per i precisetti) in grado di proiettare immagini, video e filmati creati
ad hoc per ogni brano.
Si tratta di un passo solo apparentemente stilistico e secondario, posto che di fatto, così facendo, gli
Iron optano scientemente per l'introduzione di elementi di distrazione di un pubblico che, sino ad ora, era stato ben lieto di concentrarsi quasi esclusivamente sulle
performance dei musicisti. Ora, volenti o nolenti, giovincelli o
boomer, appare arduo non buttare un occhio, tanto per fare qualche esempio, all’albatross che vola sulla nave, alle piramidi, al
Bruce “virtuale” che sfugge alla morte, a
Eddie che sfreccia nei cieli col suo aereo e così via.
La scelta, oltre a venire incontro alle esigenze di platee sempre più multimediali ed attente al contorno, discende forse dall’inevitabile diminuzione del livello complessivo di movimento sulle assi del palco: come potrete immaginare, al netto di uno
Janick che non rinuncia alle proprie mosse da derviscio, i Nostri non saltano e corrono più come un tempo. Lo stesso
Dickinson -che comunque, a scanso di equivoci, si è reso protagonista di una prova mostruosa- ha saggiamente ridotto i ritmi.
Il mio personale giudizio, nonostante la mia condizione di vecchietto nostalgico (e fatta eccezione per qualche filmato forse sin troppo invasivo e per il triste addio al testone di
Eddie che spuntava dietro il
drumkit durante l’esecuzione di “
Iron Maiden”), è comunque più che positivo.
SetlistChe al metallaro medio vada ascritto un approccio tendenzialmente critico e puntiglioso è circostanza nota; quando si parla di
Maiden, poi, il livello di polemica s’innalza ulteriormente, quasi a lambire livelli parossistici. Presumo che, al netto dei sacrosanti gusti di ognuno, non si possano inquadrare diversamente le accalorate discussioni concernenti la scaletta di questo
tour.
Una scaletta che prevede al suo interno “
Seventh Son of a Seventh Son”, “
Rime of the Ancient Mariner” e “
Phantom of the Opera”, che ripropone gemme del calibro di “
Murders in the Rue Morgue”, “
Killers” e “
The Clairvoyant”, che non lesina in fatto di durata -anzi: dopo tanti anni si supereranno le due ore-.
Personalmente sognavo il ripescaggio di “
Infinite Dreams” e “
Prowler”, ed è vero che mancano estratti da “
No Prayer for the Dying”; al tempo stesso, per ritenere insoddisfacente questa
setlist appare necessario operare uno sforzo intellettuale erculeo.
Absit iniuria verbis.
AudioDal punto di vista della resa sonora, in tutta franchezza, trovo non ci sia granché da cavillare: durante le prime battute dello
show,
mix e volumi non sembrano settati alla perfezione, ma bastano pochi istanti per godere di suoni potenti e bilanciati. Per fortuna il sottoscritto si trova in posizione frontale e decisamente prossima al palco, quindi non saprei dire se il pubblico assiepato sugli spalti (davvero lontani) abbia potuto godere di altrettanta nitidezza. I volumi timidi di due anni fa a Milano, comunque sia, paiono uno sbiadito ricordo, nonostante alcune caratteristiche della
venue di stasera possano ricordare, per certi versi, il famigerato
Ippodromo San Siro.
PubblicoNon ci muoviamo affatto nei meandri dell’apatia propria, tanto per fare un esempio, del pubblico a stelle e strisce, ma in linea di massima nemmeno i praghesi paiono distinguersi per entusiasmo e partecipazione.
Pogo, o perlomeno trambusto, pressoché inesistente, ritornelli intonati con relativo trasporto, applausi a fine brano ma quasi mai cori di incitamento.
Come detto siamo comunque 60.000 anime, quindi complimenti alla Repubblica Ceca, ma se fossi un
manager non sceglierei questo Paese per realizzare un
live album…
Di converso, segnalo una nota di merito di non poco conto: la richiesta di non utilizzare i cellulari se non per lo stretto necessario, formulata dalla
band sui canali dell’internet e ribadita stasera attraverso gli schermi prima dello
show, è stata in linea di massima recepita. Intorno a me, perlomeno, nessuno ha issato al cielo il proprio maledettissimo
smartphone, se non per il tempo di una sporadica foto o di un breve video.
Continuiamo così, vi prego.
Prestazione della bandSi scrive prestazione della band, ma si legge “come ha suonato
Simon Dawson”.
Il mio giudizio si potrebbe riassumere in un lapidario “molto bene”, ma credo sia opportuno svolgere qualche distinguo -sapete che sono pedante, portate pazienza-.
In via preliminare va evidenziato che il resto della
band, tralasciando qualche inciampo minore (mi vengono in mente un paio di strofe anticipate da
Bruce ed un passaggio di chitarra mancato da
Adrian nel mezzo di “
Rime of the Ancient Mariner”), si è reso protagonista di una prova eccellente. Chi segue assiduamente i
Maiden sa bene come le primissime date di ogni
tour vadano considerate alla stregua di un riscaldamento, nell’ambito del quale si registrano spesso errorucci ed imprecisioni; anche in ragione di ciò, vederli già così in palla non può che far piacere.
A questo giro, oltretutto, c’è un nuovo batterista da inserire negli ingranaggi…
Batterista a cui, a mio umile avviso, vanno ascritti due limiti principali: ha uno stile talvolta legnoso e non è bellissimo da vedere a causa di una postura un po’ ingobbita, spesso storta e rincagnata -ho verificato sul
Treccani: il vocabolo esiste-.
Il fatto di non esser
Nicko non certo può costituire colpa a lui ascrivibile; parimenti, lamentarsi che rispetto a
McBrain manchi di tocco, fantasia sui
fills, fluidità, eleganza e carisma sarebbe esercizio sterile, oltre che ingiusto.
Personalmente, ritengo che l’unico modo corretto per valutare l’operato di
Dawson sia quello di NON metterlo in relazione coi suoi predecessori (e qui lo stesso
Dickinson ci è cascato, dichiarando che gli ricorda il compianto
Clive Burr, mentre a mio avviso parliamo di due
drummer diversissimi in termini di stile).
In quest’ottica, mi sembra che il Nostro abbia messo in mostra indubbie qualità: non sarà forse un mostro di tecnica, ma è solido, potente e costante, l’intesa con
Steve è rodata da anni, e ogni tanto ci mette anche del suo (apprezzabili, in tal senso, alcune variazioni su “
Phantom of the Opera” e “
The Clairvoyant”).
Il
tour è ancora agli albori, e vi sono senz’altro notevoli margini di perfezionamento; già oggi, comunque sia, mi sembra che la scelta si sia rivelata azzeccata.
ConclusioniPrestazione maiuscola, pubblico oceanico, scaletta da sogno: cosa chiedere di più? Il “
Run For Your Lives World Tour” sta dividendo e facendo discutere, ma dopo aver assistito allo
show di Praga penso sia pressoché impossibile esprimere insoddisfazione.
Io, in effetti, mi guardo bene dal farlo; al contrario, mi limito ad augurarmi che i miei amati
Maiden mantengano analogo stato di forma anche nelle successive date.
A presto.
HALESTORM setlist:
Fallen Star
I Miss the Misery
Love Bites (So Do I)
WATCH OUT!
Darkness Always Wins
Familiar Taste of Poison (First verse and chorus only)
Rain Your Blood on Me
Drum Solo
Freak Like Me
I Get Off
EverestIRON MAIDEN setlist:
Murders in the Rue Morgue
Wrathchild
Killers
Phantom of the Opera
The Number of the Beast
The Clairvoyant
Powerslave
2 Minutes to Midnight
Rime of the Ancient Mariner
Run to the Hills
Seventh Son of a Seventh Son
The Trooper
Hallowed Be Thy Name
Iron Maiden
Encore:
Aces High
Fear of the Dark
Wasted Years