Alla Germania ho dedicato un capitoletto a parte, perché la scena thrash tedesca non ebbe comunque pari negli altri stati del Vecchio Continente; ma non solo nelle lande teutoniche fiorirono band meritevoli di essere consegnate alla storia.
L’Inghilterra, per esempio, sino a qualche anno prima signora assoluta nel campo dell’Heavy Metal, seppe in parte riscattarsi dalla dèbacle causata dalla morte precoce della NWOBHM, lanciando gruppi di assiomatico spessore e rilevante importanza storica. E’ il caso di Onslaught e Sabbat, a mio avviso le migliori thrash band fiorite in Inghilterra verso la metà degli ’80. I primi, nati a Bristol nel 1983 come rozza e immatura miscela di punk, hardcore e metal, svoltarono presto verso il più puro thrash, arrivando al debutto discografico nel 1985, con quel “Power From Hell” che resta tuttora una pietra miliare nonché un Lp di grande valore nel mercato del collezionismo. “Power from Hell” è un album spontaneo, violento, feroce e grezzo, contraddistinto da tematiche legate all’occulto, ed è da molti considerato, assieme a “Seven Churches” dei Possessed (1985 anch’esso) come il precursore del death metal che verrà. Non a caso la sesta traccia di “Power from Hell” si intitola proprio “Death Metal”, termine che compare più volte sul retro del vinile, sia a caratteri cubitali in alto sopra ad un pentacolo rosso, sia sopra la track-list per indicare i lati dell’Lp (Death Side: lato A, Metal Side: lato B). Gli Onslaught, tra le altre cose, furono con il successivo "The Force" la prima band stampata dalla neonata “Under One Flag”, una divisione della Music for Nations che a breve avrebbe poi lanciato sul mercato nomi di tutto rispetto quali Possessed e Holy Terror.
Con il secondo disco (1986) gli Onslaught fanno capire di essersi un minimo civilizzati, passando dal thrash rozzo e primitivo del debutto, ad una proposta meglio strutturata, pur senza abbandonare le tematiche trattate in “Power from Hell”, come appare ben chiaro guardando la copertina del disco (che raffigura il logo della band ed un enorme pentacolo al centro). Nonostante un discreto successo raggiunto sia in madre patria che al di fuori dei confini nazionali, gli Onslaught si sciolsero nel 1991, dopo una risposta molto fredda da parte del pubblico al terzo album, pubblicato nel 1989 e intitolato “In Search of Sanity”. Non è difficile capire i motivi della reazione dei fans all’album in questione; mise infatti mano al risultato finale il produttore Stephan Galfas, che cercò di raggiungere un più ampio a vario pubblico, optando per dei suoni meno aggressivi e inserendo, qui con il consenso della band, la cover version di “Let There Be Rock” degli Ac-Dc (uscita anche come singolo 7”).
Più tardivi rispetto agli Onslaught sono i Sabbat di Martin Walkyier (poi dal 1990 cantante degli Skyclad); nacquero nel 1986 e pubblicarono quello stesso anno il demo “Fragments of a Time Forgotten”, che valse loro un contratto per la tedesca Noise Records, sotto la quale uscirono i due album imprescindibili “History of A Time to Come” (1988) e “Dreamweaver” (1989). Fate bene attenzione a non confondere i thrashers Sabbat inglesi con gli omonimi giapponesi, altra buona band nata negli Eighties e dedita ad un thrash/death metal primitivo e barbaro. In Francia il thrash arrivò solo più tardi, e venne rappresentato principalmente da Agressor e Loudblast, che pubblicarono assieme nel 1986 lo split “Licensed to thrash” e che svoltarono poi entrambi, a partire dal 1990 circa, verso terreni più propriamente death metal. Per quanto riguarda invece la nostra cara Italia, dobbiamo dire che gruppi validi ce ne furono a bizzeffe, ma solo pochi riuscirono ad ottenere fama internazionale; tra questi sicuramente vanno segnalati i Bulldozer e gli Schizo, che tratteremo poi approfonditamente con recensioni nel resto della sezione. Vale comunque la pena segnalare gli ottimi "Day of Wrath" (1985), "The Final Separation" (1986), “IX” (1987) e “Neurodeliri” (1989) per quanto riguarda i Bulldozer, mentre degli Schizo vanno ricordati il primo demo “Thrash the Unthrashable Thrash to Kill” (venduto in 1000 copie!!) che, con le proprie sfuriate proto-grind, è nel 1985 un lavoro veloce e distruttivo come ben pochi altri avevano fatto prima, e il debutto discografico “Main Frame Collapse” del 1988.
Ma di altre ottime thrash band il nostro Bel Paese era pieno, dagli Alligator ai Creepin’ Death dell’ottimo “Errare Humanum Est” del 1988; come detto sopra, non mi dilungherò troppo e vi rimando alle specifiche recensioni che troverete in questa sezione.
Non sto nemmeno ad elencare i gruppi più rappresentativi per ogni Paese, ma mi permetto di soffermarmi sulla ricca e folta scena thrash dell’Est Europa, che merita indubbiamente uno spazio in questa giuda al genere. E’ soprattutto la Polonia, a partire dalla metà degli anni ’80, a consegnarci gruppi tutt’altro che superflui. Primi fra tutti i Turbo, nati approssimativamente negli anni ‘79/’80 e inizialmente dediti ad un banale e acerbo hm di stampo classico; è nel 1986, con "Kawaleria Szatana" (uscito successivamente per il resto d’Europa come “Satan’s Cavalry”) che i Turbo cominciano ad imboccare la strada che li porterà nel 1987 a pubblicare "Ostatni Wojownik”, indubbiamente il disco migliore della discografia. Cantato esclusivamente in polacco, l’album rappresenta un concentrato di rara violenza, tanto che attirò sulla band l’attenzione di tutto il mondo, per merito anche dell’uscita di una edizione occidentale (del 1988) sotto Noise Records ed intitolata “The Last Warrior”. E’ in quegli stessi anni che prende vita in Polonia il MetalMania Festival, kermesse musicale di culto che sopravvive tuttora e che giunge nel 2003 alla diciassettesima edizione; è proprio MetalMania a lanciare sul mercato alcune seminali band del thrash polacco, con registrazioni seppur caserecce delle esibizioni live, e relativa stampa su vinile come split album. E’ il caso questo di band quali Destroyer, Hammer, Stos, Dragon, Wilczy Pajak, tutte uscite per la prima volta su vinile con la serie MetalMania ’87, stampata dalla Pronit. Altra grande band polacca, al debutto nella metà degli ’80, furono i K.A.T., thrash proto-death dalle tematiche incentrate su violenza e satanismo, autori di un primitivo e strepitoso album quale “666”, stampato poi per il mercato occidentale con il titolo “Metal and Hell”; non meritano di essere dimenticati nemmeno i Dragon di “Horda Goga” (che vanta in negativo un retro-artwork dalle tinte sgargianti, tra i peggiori che il sottoscritto abbia mai visto), album ribattezzato per noi “Horde of Gog”, e i Wolf Spider, che toccarono il proprio l’apice compositivo con “Kingdom of Paranoia” del 1990, un concentrato di thrash tecnico ma melodico, figlio degli statunitensi Watchtower e Hades.