Qualcuno si stupirà del fatto che non siano ancora stati chiamati in causa i geniali svizzeri Celtic Frost; ebbene, perdonatemi se vi ho fatto così pazientare, ma ho dovuto attendere sino a questo capitoletto. I Celtic Frost, nati dalla mente di Tom “Warrior” Fischer, sono, innanzitutto, difficilmente catalogabili come thrash metal; dischi come “To Mega Therion” (1985) e “Into the Pandemonium” (1987) sono da considerare al pari dell’avanguardismo artistico, sono album che attingono da basi canoniche per poi esulare da ogni contesto musicale sino ad allora conosciuto e immaginato, mischiando le più svariate influenze e sperimentando sonorità estrose ed inconcepibili. I Celtic Frost, con il loro “avantgarde-thrash” diedero un input fondamentale per quella che sarà la successiva scena estrema, a partire dal death sino ad arrivare al black e alle forme più sperimentali di metal. I Celtic Frost sono contemporaneamente il punto di partenza e il punto di arrivo di tutto quello che non è metal nella sua accezione più classica; un gruppo unico, irraggiungibile che non ha mai avuto eguali nella storia del metal.
Quella che potrei identificare invece come l’ultima evoluzione del thrash metal, e cioè quella che di fatto ha portato alla morte definitiva del genere, inteso come stile musicale, ma anche come contesto storico e sociale, non può che chiamare in causa i celeberrimi Pantera. “Cowboys from Hell” e “Vulgar Display of Power” rappresentarono per gli ascoltatori un modo nuovo e più distruttivo di suonare metal, che partiva da basi thrash e si basava su muri sonori sorretti da chitarroni compressi. Inizialmente etichettato come “power thrash”, poi come “post-thrash”, il genere lanciato dai Pantera all’inizio degli anni ’90 fece presto proseliti in tutto il mondo, basti pensare a gruppi quali Machine Head o alla corrente attuale di post-modern-thrash capitanata da Darkane, Skinlab e altri ancora. Ma questa è storia relativamente recente, che i più conosceranno, e voglio quindi fare un piccolo passo indietro, ripercorrendo la storia dei Pantera, che, come solo pochi sanno, hanno invece ben pochi meriti riguardo la creazione di questo nuovo stile. Già, perché molti pensano che i Pantera debuttarono nel 1990 con “Cowboys from Hell”; invece la band texana esordì nel 1983 con “Metal Magic”, un album che a fatica si può far rientrare persino nel mondo dell’heavy, e pubblicarono poi, nell’84 e nell’85 rispettivamente “Project in the Jungle” e “I am the Night”, che riprendevano le stesse coordinate stilistiche del predecessore. Caso a parte della discografia della band rappresenta invece “Power Metal”, l’album del 1988 che vide l’ingresso in formazione di Phil Anselmo (sì, perché prima alla voce c’era Terrene Lee) e che rappresenta tuttora un buon episodio di heavy/power/speed metal che alterna songs di stampo Exciter ad altre figlie dei più puri Judas Priest, cantate da un Phil Anselmo alle prese con falsetti dal tipico trademark Halford.
Viene da chiedersi: cosa portò i Pantera alla radicale svolta del 1989 che guidò i quattro alla realizzazione di “Cowboys from Hell”? La risposta è tanto semplice quanto mal vista dai più accaniti fans dei Pantera. Ebbene, era il 1985 quando a New Orleans nacquero gli Exhorder, band che nel 1986 pubblicò il primo demo “Get Rude”, composto da sette tracce di thrash violento e bestiale certo poco originale ma di grande impatto; è però con il demo “Slaughter in Vatican” del 1988 che negli Exhorder cominciano a farsi sentire prepotentemente le scelte stilistiche che segneranno gli album successivi; nel demo in questione figurano tracce quali “Death in Vain” o “Desecrator”, che andranno poi, assieme anche a brani del primissimo demo quali “Anal Lust” o “Legions of Death”, a comporre il debutto discografico, avvenuto sotto Roadrunner Records nel 1990 (album intitolato anch’esso “Slaughter in Vatican”). Ascoltando il secondo demo ed il full-length, prestando attenzione soprattutto a tracce quali “Desecrator”, appaiono evidentissime le somiglianze stilistiche con il sound che tutti conoscono dei Pantera, e confrontando le date di uscita, non possono che emergere dei dubbi riguardo la paternità di questo nuovo modo di intendere e suonare il thrash metal. Quando infatti ancora i Pantera si dilettavano con le sonorità classiche e ormai quasi retrò di “Power Metal”, gli Exhorder facevano proseliti con il demo del 1988, lavoro che conobbe una larghissima diffusione tra i tape-traders di tutto il mondo. Fu proprio il demo in questione ad arrivare nella mani dei Pantera (che guarda caso li citeranno nei ringraziamenti di “Cowboys from Hell”), i quali trovarono in esso (così come negli Excel che Phil conosceva bene) una fortissima fonte di ispirazione che li portò ad abbandonare l’immagine street che svettava sulla copertina di “Power Metal”, e i nomignoli Rex “Rocker” e “Diamond” Darrell. Il resto è storia nota: arrivò il contratto con la major Atlantic e il debutto contemporaneo a “Slaughter in the Vatican”, che per ovvi motivi di dati di vendita offuscò gli Exhorder lanciando invece i Pantera come fondatori di un nuovo filone del metal. Con questo non si vuole negare il valore artistico di “Cowboys from Hell” o di “Vulgar Display of Power”, né tanto meno accusare i Pantera di aver fiutato il colpaccio e di aver fatto una scelta con fini commerciali, come è stato detto da altri; si tratta semplicemente di stabilire storicamente cos’è accaduto in quegli anni a cavallo tra gli ’80 e i ’90, importantissimi per quanto riguarda la scena che verrà e la morte del thrash metal nella sua forma più pura, abbandonato da label speculatrici che liquidarono come superato il genere e si misero a seguire gli imperanti trend neonati.