Copertina 7

Info

Anno di uscita:2009
Durata:71 min.
Etichetta:Soul Food
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. SCHLECHTER MENSCH
  2. CUT TO SEE HOW MUCH I BLEED
  3. FUCK IT
  4. POOCH
  5. THE GOD

Line up

  • Rudy: all instruments

Voto medio utenti

:WumpscuT: non è soltanto un buco nero da cui vengono vomitate onde sonore dal tremendo e abrasivo fascino Harsh/Industrial, è molto di più, è un progetto che da anni scava nel mondo della musica Elettronica, ne scova nuove possibili evoluzioni e le aggredisce, le modella per poi riproporle con una sua visione molto particolare e affascinante. Questo nuovo Fuck It non è propriamente il nuovo album di Rudy, è una sorta di mini-cd con alcune nuove canzoni e tanti remix ad opera di altri artisti di questo settore, una pratica molto comune (ma anche dispersiva) nel mondo dell'Industrial. Chi è rimasto soddisfatto dal precedente disco intitolato Schädling allora rimarrà soddisfatto anche da questo nuovo prodotto, perchè le coordinate stilistiche sono più o meno le stesse, tranne qualche leggera variazione sul tema. Ormai da tempo immemore sono finite le robuste cavalcate dei primi album, ma questo non vuol dire che :WumpscuT: abbia perso in potenza e profondità, anzi ad essere onesti sta tentando di riprendere un po' di quelle soluzioni artistiche, ed ecco quindi che brani come la title track e Cut To See How Much I Bleed rivelano delle ritmiche meccaniche più spigolose e ruvide. Quello che però viene messo maggiormente in risalto è il lavoro di insieme, che tende a premiare le atmosfere alienanti, la cura dei dettagli e dei suoni, vera croce e delizia di questo progetto musicale sin dai suoi esordi. Molto interessante anche tutta la cornice grafica del package, che rimanda all'estetica Sovietica, però con quel tocco vagamente sarcastico e ironico che da sempre contraddistingue l'humor nero di questo artista. Ovviamente ci sono motivi di interesse anche nella lunga lista di remix presenti in scaletta, come quello di Black Death e Mother, però l'attenzione va concentrata sulle nuove composizioni, che per forza di cose vanno ad anticipare il discorso che sarà intrapreso (almeno spero) sul prossimo disco, sicuramente l'ennesima colata di cemento armato, con quel vellutato sottofondo di macchinari degni dei più grandi complessi industriali che ogni periferia in pieno degrado dovrebbe avere.
Recensione a cura di Andrea 'BurdeN' Benedetti

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