Ho potuto seguire la crescita artistica dei bergamaschi Aleph, partendo dal lontano “Promo 2000” e passando attraverso il fondamentale “In tenebra” (2005), nato come autoproduzione ed in seguito diventato esordio discografico ufficiale della band.
Con il presente “Seven steps of stone” la formazione evidenzia sotto tutti gli aspetti, il notevole progresso che ci si auspicava. E’ chiaro che il disco è nato sin dal principio con una mentalità più matura e professionale, lo si nota nella grande attenzione posta all’artwork o nella scelta dei luoghi di registrazione e di missaggio. Ma più di tutto lo chiarisce la struttura musicale stessa, il complesso di sfumature, la calibratura dei dettagli, l’intreccio di soluzioni, al fine di realizzare un lavoro corposo e intricato pur salvaguardando la spontaneità di fondo.
Lo stile degli Aleph è una sorta di ibrido thrash/death metal, però immerso in una massiccia cornice dark che diventa parte essenziale della loro musica. Tematiche sempre oscure, drammatiche, orrorifiche, che in questo caso ci guidano in un mondo di lugubri cripte fisiche e mentali. Questo grazie ad una serie di lunghi brani estremamente articolati, dove trovano posto furiose cavalcate thrasheggianti, vocals teatrali e growl feroci, melodie riflessive e scenari intrisi di disperazione, con alcune concessioni ai preziosismi prog-metal ma in maniera minore rispetto al passato.
Dunque un album da apprezzare nella sua integrità, il cui fascino tende a consolidarsi col tempo visto che si tratta di un ascolto piuttosto impegnativo.
Gli Aleph mostrano di essere un’ottima realtà del panorama metal nostrano, con un disco che ha le carte in regola per ben figurare anche oltre i confini italiani.