"Science of Annihilation" arriva a due anni di distanza dal precedente, ed ottimo, "Hell Destroyer", ma se i
Cage non sono stati celeri a dare alle stampe il loro quinto album, le canzoni continuano a correre sul filo di quello Speed Metal Made in USA, tra i primi Flotsam and Jetsam, Agent Steel, Iced Earth, Jag Panzer e Savatage, ma che deve molto (forse anche di più...) anche agli europei Judas Priest ed ai Mercyful Fate.
Se l'indirizzo musicale non si schioda da quello dell'album precedente, "Science of Annihilation" non è però un altro concept album (se non limitatamente al trittico conclusivo), cosi messi da parte gli intermezzi narrativi, le canzoni scorrono via, veloci e spezzacollo, una dietro l'altra. "Planet Crusher" supera ogni limite di velocità, a cavallo di un sound che ha ereditato i geni da dischi come "Painkiller" o di "Doomsday for the Deceiver". Un pizzico di melodia nei chorus ed in alcuni fraseggi di chitarra su "Scarlet Witch", "Black River Falls" o "Stranger in Black" non cambiano le carte in tavola: i Cage spaccano... ed alla grande!
Tutto il gruppo sembra davvero in ottima forma, dalle chitarre di Dave Garcia e Anthony Wayne McGinnis, al basso di Mike Giordano, sino alla batteria dell'ultimo arrivato Norm Leggio. Ma su tutti si staglia quel Sean Peck che si conferma vocalist aggressivo ed affilato, ma anche in grado di svariare senza alcun problema all'interno delle diverse canzoni, un cantante che ha saputo raccogliere il testimone dal grande Rob Halford o dal miglior Eric A.K. per metterlo a completa disposizione dei Cage, e che in alcuni passaggi della stupenda ed articolata "Black River Falls" riecheggia l'ombra di Kind Diamond e quindi dei Mercyful Fate. Meritano una citazione poi "Operation Overlord", un brano compatto e liricamente incentrato sul D-Day, la solforosa "Power of a God", dove i Cage sembrano rievocare i Savatage di "The Dungeons are Calling", e sopratutto il trittico conclusivo, con l'acustica ed introduttiva "Spectre of War" a preparare il terreno a quella scheggia heavy, articolata ed epica (un po' alla Iced Earth) che ha dato il titolo all'album, e che poi si chiude sulle note e nella narrazione della conclusiva "At the Edge of the Infinite".
"… I knew nothing would ever come back".Invece...
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