Ho sempre stimato gli
Aisling, una band da sempre alla ricerca di un suono personale all’interno del calderone black metal. Li avevo lasciati all’EP “Trath na gaoth”, e li ritrovo oggi con questo “Stone of light”, secondo full length della loro ormai decennale carriera. Non molto è cambiato da allora, se non una ovvia maturità a livello di songwriting, maggiormente nelle parti più acustiche e d’atmosfera (di sicuro le migliori dell’album), che in quelle più propriamente metal, anche se ci sono diversi riff interessanti ad opera delle due asce Cernunnos e Cromm.
Black metal melodico ed atmosferico, quindi, marcatamente pagano, con forti riferimenti alle popolazioni del nord Europa, celti su tutti, a cui da sempre i nostri friulani si ispirano. Non parliamo però di viking metal vero e proprio, nonostante la forte componente folk presente nei brani, quanto piuttosto di una particolare rilettura del black, con innesti fantasy e onirici. Prima accennavo al fatto che le parti più atmosferiche sono le migliori… beh, questo accade non solo perché i nostri ci sanno decisamente fare quando compongono le partiture più folk, ma anche perché difettano un po’ in quelle più violente. Quando la band spinge sull’acceleratore è come se le mancassero un paio di marce, sia perché la batteria è spenta e poco incisiva (e non solo da un punto di vista esecutivo, ma anche per via dei suoni non proprio eccellenti, problema in realtà riscontrabile un po’ per tutti gli strumenti), sia perché a volte sembra quasi che la band si senta costretta ad inserire questi riff, con la conseguenza che non sempre risultano all’altezza del resto del lavoro. Insomma, non dico che i nostri debbano diventare una folk band pura, ma una cura maggiore delle parti black non guasterebbe al risultato finale.
Ad ogni modo brani interessanti ce ne sono eccome, basti citare “Percedol”, le due “Where immortality lies” o la conclusiva “Bora”, però nel complesso si fatica un tantino ad arrivare alla fine dell’album senza essere pervasi da un senso di noia. E dico questo con un po’ di rammarico, sia perché appare evidente che gli Aisling hanno le capacità per produrre un album nettamente migliore di questo “Stone of light”, sia perché dopo sei anni di silenzio era lecito aspettarsi di meglio. Beh, questo non è avvenuto, nonostante il cd in questione sia comunque più che sufficiente ed abbia le carte in regola per scavarsi un proprio posto nel sempre più affollato panorama black metal italiano. Manca quel quid in più che fa gridare al miracolo, ma per il resto gli Aisling hanno certamente un futuro roseo davanti a loro. O dovrei dire nero?
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