Lo devo ammettere, negli anni ’70 i
Kiss non mi piacevano affatto. Li trovavo pacchiani, clowneschi, commerciali e vedevo in loro lo stereotipo del rock cafone e di cattivo gusto a stelle e strisce. Sotto certi aspetti la mia opinione non si è granché modificata: continuo a pensare che questa sia sostanzialmente una teenage-band, che ha sempre nascosto la sua indole innocua e fanciullesca dietro un paravento di volumi esagerati, mascherate da fumetto di serie B, fuochi d’artificio, petardi, fumogeni e merchandising miliardario. Uno stimolo erotico-musicale per minorenni e adulti immaturi. Oltretutto un comodo bersaglio per ghettizzare l’hard rock come “fenomeno” da baraccone per bambocci brufolosi della middle-class americana.
Ma è anche vero che da giovani si tende a tranciare giudizi con l’accetta. Oggi, dopo decenni e decenni passati ad ascoltare musica, non posso ignorare che un gruppo capace di vendere vagonate di dischi, di riciclarsi più e più volte, di offrire comunque sempre uno spettacolo professionale e divertente, deve pur possedere un nucleo di ottima sostanza. Dico questo pur se, dopo averli ignorati per anni, mi sono reimbattuto nei Kiss nientemeno che in discoteca, grazie al tormentone “I was made for lovin’you”. Un successo planetario nato sui dance floor, un clamoroso rilancio grazie ad un ambiente che niente aveva a che fare col passato, così come accadde ad altri grandi nomi quali Rolling Stones e Aerosmith.
Ma come disse qualcuno:
“pecunia non olet”, e la musica non è altro che un’industria, un business come tanti. Alla fine, quelli che incassano di più hanno sempre ragione.
Tornando ai Kiss, se c’è un lavoro che incarna alla perfezione la potenza, l’energia, la spettacolarità del quartetto, è sicuramente questo “Alive!”, doppio dal vivo pubblicato nel 1975. Una vera raffica di hits, di canzoni anthemiche ideali per un pubblico che vuole solo scatenarsi e fare casino per una sera, ma anche del buon hard rock vivace ed esplosivo, orecchiabile e ben suonato, che finisce col risultare dannatamente coinvolgente.
Il disco raccoglie stralci dagli shows di Detroit, Michigan (marzo 1975) ed i successivi a Wildwood, New Yersey; Davemport, Iowa; e Cleveland, Ohio. Tutto fu poi mixato agli Electric Lady Studios di New York, senza ritocchi o aggiustamenti tecnologici. E’ compreso tutto il meglio della prima (e migliore) produzione del gruppo: dalle fiammeggianti “Deuce”, “Strutter”, “Hotter than hell”, “Watchin’ you”, alle più catchy “C’mon and love me”, “Rock bottom” e soprattutto la bellissima “Black diamond”. Da segnalare la lunga versione di “100,000 years” con l’assolo di batteria di Criss ed i cori del pubblico istigato da Gene Simmons, archetipo di tutti gli “animali da palcoscenico”. Travolgente anche la doppietta finale “Rock and roll all nite”, unico singolo estratto dall’album, e “Let me go, rock’n’roll”.
Se la Mercury considerava un enorme successo la vendita di 350.000 copie, due mesi dopo l’uscita “Alive!” era già disco d’oro (500.000 copie) ed alla fine del gennaio 1976 era salito ad oltre un milione di pezzi acquistati. Di recente, questo titolo è stato certificato negli States come Quadruplo Platino e nomine simili si sono avute in molte altre nazioni.
A questo punto, al di là delle sfumature, ritengo che questo sia uno dei live più importanti della storia del rock e che non possa assolutamente mancare nella discografia di un serio appassionato.