Questi ragazzi, attivi dal 1993, arrivano finalmente al terzo full lenght album (numero notoriamente critico per la cabala del Metallo), seconda uscita sulla teutonica Silverdust Records, con un mix musicale che spazia dal Doom al Gothic Metal, con diversi accenti anche su un riffing quasi machinediano di primo pelo (la scuola americana primi anni '90 è comunque molto visibile in questo trio), che però non colpisce nel segno, lasciando l’ascoltatore perplesso. Il songwriting è poco convinto e l'idea di base che se ne può fare è che gli
Undertow non hanno ancora ben chiaro dove vogliono andare a parare (musicalmente parlando), proponendo un platter né carne né pesce, senza un grande filo logico, ma solamente con diverse idee sparse in qua ed in la di diversa derivazione (sembra quasi che le songs stesse siano state scritte in periodi completamente diversi, lontano tra loro, per poi essere riarrangiate per completare l'album). La voce del singer Baschin, seppur ruvida e raschiosa, già al quinto pezzo arriva a stancare, vuoi per la somiglianza delle linee di voce, vuoi per la poca versatilità nell'uso, ed anche la produzione non è delle migliori, mancando un pelo di pasta e di globale. La risultante, è un dischetto senza troppo mordente, scarno nella sostanza e privo della giusta rabbiosa carica... oserei dire quasi scialbo e scontato.
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