Attesissimi da tutti i sostenitori del metal melodico di classe superiore, che li hanno imparati a conoscere e apprezzare nei precedenti “Tides” e “Blind fire”, tornano a far sentire la loro imponente “voce artistica” i finnici
Leverage, con un Cd denominato “Circus colossus”, realizzato stavolta sotto il patrocinio della Spinefarm records.
Attenuati leggermente (ma assolutamente non abiurati, sia ben chiaro … i Rainbow rimangono ancora uno dei capisaldi inalienabili!) i legami con l’hard-rock “classico” riscontrabili finora nel suo suono, il gruppo sembra oggi concentrarsi su una maggiore enfasi sinfonica (con le tastiere di Marko Niskala in grande evidenza) e su un approccio strutturale in qualche modo più articolato e potente, prossimo a certe forme di power-metal-prog, acquisendo complessivamente un impatto “metallico” più spiccato, ma fortunatamente senza incorrere in pantani di prolissità gratuite o in eccessi di ovvietà e di sterili auto-indulgenze, sempre in agguato in tali circostanze espressive.
Questo pericolo è scongiurato essenzialmente per due motivi: il primo è da ricercare nel temperamento “naturale” della band, il quale, anche all’interno di questa parzialmente modificata “identità”, consente ai Leverage di dimostrare le loro innate qualità di sopraffini songwriters, attenti a curare feeling e intensità melodica prima ancora di dedicarsi a vigorose costruzioni “orchestrali” indirizzate alla conquista del “facile” effetto “grandeur”, mentre il secondo è da attribuire all’ugola di Pekka Heino, già ampiamente incensata in passato e meritevole ancora una volta di raccogliere altissime onorificenze, tanto il suo possessore appare artefice di una prova maiuscola in fatto di precisione, versatilità interpretativa e capacità comunicative.
Il disco manifesta, così, un’innegabile crescita nella convinzione e nella forza immaginifica delle composizioni che altresì non perdono, in sostanza, mai di vista l’obiettivo primario di risultare emotivamente “dirette” e incisive pur nella loro prepotente e suggestiva estensione strumentale.
Tra le dodici tracce a disposizione (le ultime due sono destinate al ruolo di bonus-tracks per la versione nipponica dell’albo), la mia personale predilezione è riservata all’ardore dai bagliori vagamente “gotici” (un po’ alla Nightwish & compagnia sinfonica, volendo semplificare) di “Wolf and the moon”, alle sublimi vibrazioni di “Movie gods” (un alito di Queensryche, in una configurazione di AOR-prog dall’irresistibile attrattiva, che
permette al pezzo di diventare il mio
best in class del ricco programma!), alla magnetica bellezza di “Rider of storm”, “Prisoners” e "Broken wings” (degni eredi di una scuola “tradizionale”, in equilibrio tra durezze e charme, assai proficua in terra scandinava), senza dimenticare, poi, la rigogliosa e ammaliante sintassi sonora di "Mean and evil” e “Walk on home” (un delizioso affresco di trionfale fervore), capaci di conquistare al primo ascolto e non solo i musicofili giapponesi, spesso fin troppo indulgenti con i “forestieri” dediti alla musica rock.
“Circus colossus” è una palese conferma di tutto quanto di buono che si è detto, scritto e ascoltato dei Leverage e soddisfa piuttosto diffusamente le importanti aspettative che tal entusiasmo aveva istigato nei cuori dei tanti fans del genere, eppure, anche se raggiunge un obiettivo arduo e impegnativo come questo, m’induce a pensare (anche a rischio di apparire come un “esasperante” incontentabile!) che nonostante le notevoli qualità già ostentate, ci sia addirittura un ulteriore margine di miglioramento, una piccolissima e recondita carenza d’ingegno che se colmata completamente potrebbe portare ad una pressoché inattaccabile “perfezione” artistica.
Per ora, però, direi di godere appieno di questo bellissimo esempio di “imperfezione” …
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