Copertina 5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2009
Durata:45 min.
Etichetta:Spinefarm Records

Tracklist

  1. DYING BREED
  2. HARD TO SEE
  3. BULLETPROOF
  4. NO ONE GETS LEFT BEHIND
  5. CROSSING OVER
  6. BURN IT DOWN
  7. FAR FROM HOME
  8. FALLING IN HATE
  9. MY OWN HELL
  10. WALK AWAY
  11. CANTO 34
  12. BAD COMPANY
  13. WAR IS THE ANSWER

Line up

  • Zoltan Bathory: guitars
  • Jason Hook: guitars
  • Ivan Moody: vocals
  • Matt Snell: bass
  • Jeremy Spencer: drums

Voto medio utenti

E’ abbastanza complicato giudicare un disco sapendo che negli USA è arrivato al settimo posto della Top 200 di Billboard dopo una sola settimana dal lancio. Meglio quindi procedere con ordine, cercando di comprenderne il motivo.
L’album si apre con Dying Breed, una legnata sui denti di chiara ispirazione thrash, dove la voce growl delle strofe si alterna a ritornelli più melodici ed efficaci. Con la seconda track si rimane però immediatamente spiazzati: qui è infatti molto marcata la matrice hard rock e, a parte qualche inserto davvero violento, in alcuni frangenti sembra quasi di avere a che fare con una canzoncina dei Tokyo Hotel. Bulletproof è invece sullo stile dell’opener, anche se non ne raggiunge la capacità distruttiva. L’inizio della successiva No One Gets Left Behind è promettente, ma introduce al solito ritornello super melodico che probabilmente lascerà di stucco gli ascoltatori più incazzati. La quinta traccia, Crossing Over, è invece a tutti gli effetti una ballad, purtroppo sullo stile dei Linkin Park più amati dagli spettatori di MTV. Finalmente, il disco torna a fare un po’ male con Burn It Down, che tuttavia riesce a stancare in soli tre minuti e mezzo di durata. Una nuova ballad, stavolta decisamente più azzeccata, introduce a Falling In Hate e My Own Hell, dove i Five Finger Death Punch tornano a picchiare duro. Si finisce nuovamente su sonorità MTV oriented con Walk Away, prima di entrare nella strumentale Canto 34, che riesce a far risaltare le straordinarie qualità individuali della band. Prima di chiudere con la title-track, veloce e massiccia, trova spazio anche una cover, Bad Company, confezionata abbastanza bene.
Come dicevo all’inizio, è necessario capire il motivo per cui oltreoceano i FFDP siano così osannati. Bene. Io non l’ho capito. O meglio, sono sicuro che sul mercato americano un prodotto di questo tipo tiri parecchio, viste le recenti produzioni statunitensi, ma in Europa potrebbero stentare parecchio a raggiungere lo stesso seguito. In fin dei conti si tratta di un disco con qualche spunto interessante, ma assolutamente sconclusionato, che pesca idee a destra e a sinistra senza mai prendere una direzione precisa. Se si limitassero a pestare come i dannati, probabilmente, sarebbero un’ottima band. Così non dimostrano altro che una grande confusione. In attesa che decidano “da che parte stare”, per quanto mi riguarda questo disco non raggiunge la sufficienza.
Recensione a cura di Alessandro Quero

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Inserito il 27 gen 2010 alle 09:40

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