Urto, un nome che è tutto un programma, in senso positivo, si intende… nel senso che già dal nome e dal logo del gruppo si capisce che si ha a che fare con una thrash metal band. Appurato questo, vediamo che tipo di thrash suonano i cinque ragazzi siciliani. Fin dalle prime note, infatti, si capisce che lo stile seguito dai nostri è sicuramente quello americano, con riferimenti più o meno espliciti a band come Vio-lence, Death Angel, Trivium e, anche se europei, Artillery, giusto per citare qualche nome. E ora vi spiego perché… Dell’ex band di Rob Flynn i nostri hanno preso senz’altro la potenza, la velocità e il tipo di riffing, molto incisivo e pungente. Hanno mischiato poi il tutto a vaghi riferimenti funky, specie per quanto riguarda lo stile del bassista (che è anche il produttore del disco), a sonorità più moderne care alla band di Matt Heafy, arricchendo il tutto con tecnicismi che più di una volta mi hanno riportato alla mente la band danese, per la capacità di non risultare fini a sé stessi, ma, anzi, di integrarsi alla perfezione alla parti più dure e dirette di cui parlavo prima. Detto questo per dovere di cronaca, è altrettanto giusto dire che però gli Urto non sono affatto dei meri copioni. Gli elementi di cui ho parlato vengono reinterpretati e miscelati talmente bene da risultare a modo loro personali, riuscendo a delineare uno stile piuttosto particolare. I brani sono lunghi, abbastanza articolati, come già detto sia d’impatto che tecnici, ma nonostante la loro durata non stancano quasi mai. Forse l’unico elemento che può risultare a volte un po’ più debole o più noioso è la voce del singer Alessandro Olivo, specie nei refrain, in cui una vena power fa troppo spesso capolino. Ma è tutto sommato un elemento che non inficia più di tanto il risultato finale, che si assesta abbondantemente oltre la sufficienza. Ha visto bene la Punishment 18 a dare una chance ai ragazzi, sempre più attenta alle nuove realtà thrash della penisola, almeno finché questa sorta di thrash revival durerà, e vi assicuro che non sarà ancora per molto. E se qualcosa in più poteva essere fatto in fase di produzione, visto che nel complesso il sound risulta essere un po’ troppo aperto e quindi poco potente, dal punto di vista compositivo nulla da eccepire. Intano una lode alla scelta di non impelagarsi nel pantano delle ‘old school thrash metal band’ tanto in voga in questo periodo, fatte solo di toppe, jeans elasticizzati e scarpe da basket, ma di pochissima sostanza musicale, preferendo, invece, prendere dalla scena thrash primordiale gli aspetti più validi, quali il riffing, le ritmiche intelligenti, e le tematiche trattate nei testi. La sapiente miscela di parti più in your face e parti più arzigogolate rende l’ascolto vario e interessante, con picchi in brani quali “Free will state of health”, la più ragionata “Remote control seizure”, la più speedy e diretta “Mind-forged manacles” o “The world upside down”. Ma al di là dei singoli brani è il disco nella sua interezza a vincere, regalandoci l’ennesimo fiore all’occhiello dell’italica scena, ancora una volta, manco a farlo apposta, dalla lontana e isolata Sicilia.
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