Archiviata l’era Gillan, l’era Hughes e l’era Martin, Tony Iommi decide di riportare i Sabbath ai fasti di inizio anni ’80, riformando oltre dieci anni dopo la line-up di Mob Rules (Dio alla voce, Butler al basso, Appice alla batteria e Nicholls alle tastiere). Quello che ne viene fuori, manco a dirlo, è un altro disco preziosissimo.
Computer God ci offre un inizio che già da solo basterebbe a mostrare quanto anche stavolta Iommi non abbia sbagliato alcuna mossa: uno degli episodi migliori del disco, dove la voce di Ronnie domina incontrastata e prepotente. Si prosegue esplorando il lato più doom con
After All, mentre con la successiva
TV Crimes si corre alla grandissima. Il riff di
Letters From Earth è magia pura: un vero e proprio blocco di granito in movimento.
Master Of Insanity è un gran bel pezzo di classicissimo metal, seguito dall’irriverente violenza di
Time Machine.
Sins Of The Father ci porta alla magica
Too Late, intensa ballad potente ed epica. Dopo il relax, ecco arrivare quella che a mio parere è la migliore track dell’album:
I. Un pezzo in cui Dio è ancora sugli scudi, grazie ad una melodia clamorosa e ad un refrain indimenticabile. Si chiude poi con
Buried Alive, riff cattivissimo e ritornello spettacolare, oltre ad un gran bell’assolo di chitarra.
Dando per scontato che in ogni caso la discografia completa dei Black Sabbath è un obbligo morale per ciascuno di voi, è giusto distinguere i lavori di questa formazione, che per tanti motivi si allontanano da tutto il resto della produzione del combo inglese. Insieme a Heaven And Hell, Mob Rules e ci metto anche l’ottimo The Devil You Know, Dehumanizer rappresenta la testimonianza di una band enorme sotto tutti i punti di vista: songwriting, importanza storica, valore artistico, valore umano e capacità dei singoli. E se Ronnie non fosse volato via, probabilmente avremmo avuto ancora di più da questi ragazzi, risparmiandoci anche la pantomima della reunion con Ozzy.