La classe non si impara e non si compra. Il tempo, certo, aiuta a migliorare, regala saggezza ed esperienza. Ma classe no. O ce l’hai o non ce l’hai. Puoi studiare per anni qualsiasi strumento, ma se non possiedi il tocco adatto sembrerai sempre un dilettante. La classe è un dono. Come tutti i doni, è privilegio di pochi. Tra questi ultimi, sicuramente, non è possibile non inserire gli
Asia. Per chi non li conoscesse, si tratta del supergruppo composto da John Wetton, Steve Howe, Geoff Downes e Carl Palmer, tornato da qualche anno alla formazione originale, dopo parecchie vicissitudini e diversi episodi discografici più o meno apprezzati che ne hanno costellato i quasi 30 anni di carriera.
Il 2010 si apre con l’atteso (e anche un po’ temuto dai fan di lungo corso)
Omega: un disco di classic rock con qualche sfumatura progressive e qualche strizzata d’occhio al pop d’autore. Attenzione però a non scambiarlo per un dischetto da quattro soldi, perché è necessario ricordarsi bene con chi si ha a che fare. Qui non esistono trucchi, inutili orpelli e diavolerie elettroniche: esiste solo la musica, con la M maiuscola. Musica in grado di coinvolgere e attrarre ogni vero amante del rock, in tutte le sue infinite forme e i suoi colori. Si parte con
Finger On The Trigger, l’episodio più aggressivo dell’intero disco, carico di atmosfere eighties, per poi passare al mid tempo sognante di
Through My Veins, carina ma forse troppo lunga per non annoiare. La successiva
Holy War è veloce e accattivante e permette a Palmer di sfogarsi in libertà nella parte centrale. La ballata
Ever Yours regala brividi: potrei dirvi che è semplice e abbastanza scontata, non rischierei certo l’accusa di eresia. Ma è almeno altrettanto bella e delicata, in grado di entrare in testa e nel cuore già dal primo ascolto. L’episodio più progressivo è rappresentato dalla notevole
Listen Children, seguita da
End Of The World, faccia sporca da rock e anima candida da ballad, con un finale dove cori e voce si intrecciano magicamente fino a lasciare spazio a un minuto di assolo dal sapore live. Particolare e bisognosa di più ascolti
Light The Way, mentre più diretta è
Emily, dall’incedere ritmato e orecchiabile alternato a momenti psichedelici e progressivi. Potenziale singolo da classifica
I’m Still The Same, che precede la danza dal sapore celtico di
There Was a Time. Chiusura di lavoro affidata alla saltellante
I Believe e alla ballata dal sapore beatlesiano
Don’t Wanna Lose You Now, che conclude degnamente ma senza particolari sussulti la nuova opera targata Asia.
Omega non è il disco che vi cambierà la vita, ma il mio consiglio è quello di dargli un ascolto, perché lo merita tutto. Lo merita per la raffinatezza dei musicisti, per la perfezione acustica della registrazione, per le melodie senza tempo dei ritornelli e per la straordinaria tranquillità che è in grado di trasmettere. Bravi Asia. Si poteva fare di meglio, ma sicuramente anche di peggio. Io mi accontento di quello che hanno fatto. E chi s’accontenta, è noto, gode.