Conosco i
Noumeno ormai da qualche anno e dalla prima volta che ho incrociato la loro strada ho capito che era il caso di tenerli d’occhio. E la prima impressione, come spesso accade, si è rivelata vincente. Ho già avuto modo di tessere le loro lodi nella recensione del loro primo demo, ora non posso far altro che confermare e rimarcare quanto di buono già detto allora.
Vengono da Roma questi quattro ragazzi, e propongono nove brani completamente strumentali. Questo però non vi faccia storcere subito il naso, perché i Noumeno sono talmente bravi nel non perdere di vista la forma ‘canzone’, che, pur se privi del cantato, riescono comunque a comporre dei brani accattivanti e assolutamente non tediosi, come spesso accade quando si ha a che fare con musica di questo tipo. E direi che già questo è un punto assolutamente a loro vantaggio, essendo caratteristica di pochi… Altro fattore assolutamente positivo di questo album è che i brani sono davvero molto vari e fantasiosi, quindi difficilmente subentrerà la noia durante il loro ascolto. Se a questo aggiungiamo una capacità spiccata di non rendere le partiture tecniche fine a se stesse, e anche una capacità di fondere bene vari generi tra loro, che spaziano dal neoclassico al techno death al prog più propriamente detto, direi che il gioco è fatto. Insomma, le premesse positive ci sono tutte, e dopo aver ascoltato il cd non posso far altro che confermarle.
Valore aggiunto la partecipazione, in qualità di ospiti, di Francesco Fareri, famoso shredder della capitale, ma soprattutto di Vitalij Kuprij, che si occupa delle tastiere in “Visionary schizophrenia”, e scusate se è poco… E se in fase di recensione del demo avevo sottolineato come la produzione non fosse all’altezza dei bei brani proposti, questa volta posso affermare che anche questo piccolo neo è stato spazzato via, visto che il cd suona ottimamente, soprattutto, e ovviamente, per quanto riguarda il suono delle chitarre, comunque in primo piano rispetto al resto.
È “24” ad introdurre splendidamente l’album, anche se è “Jason Becker tribute” a far venire per la prima volta la pelle d’oca. Un brano veramente toccante dedicato ad un grandissimo uomo e chitarrista, tanto bravo con la sei corde quanto sfortunato nella vita (è da tempo paralizzato per una rara malattia, la sindrome di Lou Gehrig, o sclerosi laterale amiotrofica), per niente commiserante, anzi, sentito omaggio.
E se “Panda song” è più ruffiana e accattivante, “Psychotic syndrome” è forse il brano migliore del lotto, assieme alla già citata “Jason Becker tribute” e “Anger in vain”. Ma nel segnalare questi brani non voglio affatto sminuire gli altri. Sono soltanto ancora più belli di quanto non lo siano anche i rimanenti.
Come avrete capito in tutto l’album non c’è un solo momento di calo, ogni brano ha il suo valore aggiunto, che sia negli assoli o nelle melodie o nella terremotante sezione ritmica. Difficilmente mi esalto così tanto quando si tratta di album strumentali. Se lo sto facendo è perché davvero i Noumeno se lo meritano, e oltretutto avendoli anche visti dal vivo non posso far altro che confermare il loro valore. Che risiede nell’umiltà, nel non esagerare, nel non masturbarsi solamente col proprio strumento, nel saper trovare il giusto equilibrio tra tecnica e melodia.
Bravi Noumeno, una realtà senza rivali nella nostra penisola, e perché no, anche nel nostro continente…
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