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Lapsus sono una band figlia della fine degli anni ’90, di quegli anni amati/odiati, che se da un lato hanno partorito ottime band, dall’altro hanno intasato il mercato con milioni di band fotocopia, dedite tutte, in maniera amorfa e impersonale alla rivisitazione di quel melodic death metal che per 5-6 anni ha imperversato in tutta Europa, partendo dalla Svezia, per poi espandersi come un virus. Che, a quanto pare, ha colpito anche la band piemontese, alle prese con le classiche melodie di chitarra, voce urlata alternata a clean vocals, e così via. Roba già trita e ritrita? Solo in parte, visto che i Lapsus, per fortuna, riescono ad inserire qua e là qualche parte più degna di nota, che si discosta leggermente dagli stilemi del genere. E in questo mi hanno ricordato un’altra grande band della penisola, gli immensi Infernal Poetry, per l’inserimento di parti più nevrotiche, sia per quanto riguarda i riff, che per le melodie vocali. Se a primo ascolto, quindi, potreste storcere un po’ il naso, vi assicuro che “Moments of aberration” sa dire la sua, e se i Lapsus continueranno su questa falsa riga forse potrebbero riuscire a crearsi una nicchia nel sempre più affollato panorama metal nazionale. Certo c’è ancora da lavorare, perché se è vero che questi elementi innovativi ci sono e si sentono, è altrettanto vero che nonostante ciò il cd alla lunga stanca un po’. Quindi la prossima mossa della band è quella di cercare di risultare meno stancante, visto che oltre tutto l’album presenta ben undici canzoni, per quasi 3/4 d’ora di durata. E questo forse proprio a causa di quella che a primo acchito è l’arma migliore dei nostri, le melodie di chitarra. Come spesso accade, infatti, è facile che una buona melodia, se abusata, diventi all’istante l’opposto, e questa è una cosa che accade anche ai grandi, intendiamoci. Se si spinge troppo sullo stesso punto si svilisce anche la più funzionale delle armonizzazioni, e questo i Lapsus devono impararlo. Detto che tecnicamente i nostri non hanno nulla da invidiare a nessuno, e che la produzione poteva essere curata un po’ di più, visto che i brani non risultano molto dinamici, resta solo da segnalare qualche episodio più interessante degli altri, come per esempio l’opener “The clown”, “True believer” o l’anomala ballad “Insomnia”, forse leggermente fuori contesto, ma ben strutturata. Insomma, la basi per far ben sperare in un futuro prossimo ci sono tutte, ora sta ai Lapsus dimostrare di aver imparato dai propri errori e di essere maturati. Li attendiamo al varco col prossimo cd…
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