Viene difficile descrivere in un paio di righe l’importanza che un disco come
“Metal Heart” degli
Accept abbia avuto sulla scena metal, soprattutto in termini di riff, compattezza sonora, e stile negli assoli. Reduci dal successo mondiale del precedente
“Balls To The Wall”, la band si trovava in una posizione un po’ difficile nel 1985, dovendo affrontare il proprio consolidamento a livello di fama, e non trovarsi nel dimenticatoio dopo poco tempo. Fu per questo che confermano ancora
Dieter Dirks come produttore che, anticipando un attimo il finale della recensione, fece un lavoro pressoché ottimo.
“Metal Heart” porta dietro di sé un concept su un futuro neanche troppo prossimo, dove a seguito della lettura di un articolo su un giornale,
Wolf Hoffmann venne a conoscenza di un manipolo di scienziati che stava lavorando su dei cuori artificiali, e che un giorno buona metà della popolazione ne avrebbe avuto uno, dove successivamente nel campo lavorativo l’uomo sarebbe stato sostituito dalle macchine. Dotato di una produzione più “pulita”,
“Metal Heart” riuscì presto a scalare le classifiche, finendo al 94esimo posto nella Billboard 200, e 13esimo in patria. Va detto però che il disco, a mio modo di vedere, ha alcuni momenti più catchy e accessibili rispetto sia al disco precedente, e che si distanziano in maniera più netta dal sound di altri album come
“Restless And Wild”.
Non rientra in questa definizione però la Titletrack, uno dei pezzi più famosi degli
Accept dove
Hoffmann mette in mostra tutto il suo talento, mentre
“Midnight Mover” e
“Living For Tonite” pur muovendosi su sonorità più leggere, non stonano nell’atmosfera generale del disco.
“Wrong Is Right” riassume in poco più di 3 minuti tutta l’essenza dell’
Accept sound con riff al fulmicotone con uno
Stefan Kaufmann al meglio della sua forma, e andando verso la seconda metà dell’album la qualità non accenna a scendere, con
“Too High To Get It Right” che si erge come uno dei migliori pezzi del platter,
“Dogs On Leads” dove si ha un bel crescendo per arrivare al ritornello con
Peter Baltes che gioca un ruolo fondamentale, e la finale
“Bound To Fail” dove cori massicci e riff che riportano alla mente gli Scorpions chiudono alla meglio il disco.
“Metal Heart” in termini di vendite non riuscì a seguire la scia di
“Balls To The Wall”,ma nonostante ciò la qualità musicale presente in esso è indiscutibile, e seppur in quegli anni cominceranno a formarsi le prime crepe dentro la band, la sesta pubblicazione degli
Accept è indiscutibilmente uno dei cosiddetti dischi da portare in una fantomatica isola deserta.
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