Copertina 7

Info

Anno di uscita:2010
Durata:57 min.
Etichetta:SPV

Tracklist

  1. PRELUDE OF DOOM (INTRO)
  2. TOO LATE
  3. DEVIL ZONE
  4. PRISONER OF LOVE
  5. DREAMING DEAD
  6. GLORY NIGHT
  7. DARK WAVES OF THE SEA (OCEANS OF TIME PT. II: THE DARK SIDE)
  8. BURNING RAIN
  9. NOBLESSE OBLIGE (OPUS #5 ADAGIO CONTABILE)
  10. THE END OF OUR TIME

Line up

  • Johnny Gioeli: vocals
  • Axel Rudi Pell: guitars
  • Ferdy Doernberg: keyboards
  • Volker Krawczak: bass
  • Mike Terrana: drums

Voto medio utenti

Axel Rudi Pell è uno di quei personaggi da cui sai perfettamente cosa aspettarti ogni volta che pubblica un nuovo album. Il che non deve essere necessariamente interpretato in modo negativo, perché se è vero, da un lato, che la sua carriera è stata caratterizzata da un certo immobilismo stilistico, è altrettanto vero, però, che i suoi dischi si sono sempre assestati su livelli più che buoni. L’unico interrogativo, quindi, che possiamo porci quando arriva un suo nuovo cd, è se prevarrà il lato più power o quello più hard rock nei nuovi brani. Ed anche per questo “The crest” è successa la stessa cosa. Beh, leviamoci subito questo dubbio, quindi, dicendo che in questo caso di power metal c’è veramente ben poco, essendo tutti i brani un ottimo esempio di hard rock di classe, un po’ alla ultimi Rainbow, per capirci, senza tralasciare alcune sonorità che rimandano ai Black Sabbath periodo Tony Martin, e assestati per lo più su mid tempos…
Tralasciando il superfluo intro, è “Too late” ad introdurre l’album, e devo dire che non mi è sembrata una scelta molto saggia, in quanto si tratta sicuramente di un brano interessante, ma non tanto da assegnargli il ruolo di opener. Ancora un bel mid tempo epico con la successiva “Devil zone”, che mette di nuovo in evidenza il grande talento di Johnny Gioeli, singer davvero portentoso. E se la successiva “Prisoner of love” può trarre in inganno facendo supporre di trovarsi dinanzi ad una ballad, visto il titolo, ci si sbaglia, visto che si tratta del brano più roccioso del lotto, almeno fino a questo punto, con un bel riffone ruffiano di Axel posto proprio in apertura. Non bisogna però attendere molto per il lentone di turno, dato che dopo la pachidermica “Dreaming dead”, dal sapore molto Malmsteeniano, arriva “Glory night”, che farà la gioia dei più romanticoni tra voi. “Dark waves of the sea (oceans of time pt. II the dark side)” riporta le coordinate su un roccioso hard rock, pur se sempre assestato su tempi lenti, dove è possibile apprezzare al meglio la classe del duo Pell/Gioeli, in un brano che rappresenta forse l’apice dell’album. Più rockeggiante la successiva “Burning rain”, sorretta dal terremotante drumming di Mike Terrana, e impreziosita dalla cristallina produzione ad opera dello stesso Pell, mentre si torna ad un lentone con la successiva “Noblesse oblige (opus #5 adagio contabile)”, in cui lo spettro di Ritchie Blackmore arriva prepotente a ricordarci, se mai ce ne fosse bisogno, da dove arriva l’ispirazione del biondo chitarrista tedesco, con uno strumentale che ricorda molto alcuni episodi del Man In Black periodo Rainbow. Chiude l’album un altro mid tempo, “Out of our time”, ancora una volta un brano molto epico e suggestivo, che pone il sigillo ad un lavoro per certi versi anomalo (forse un po’ troppi gli episodi lenti), ma allo stesso tempo avvincente (i brani sono tutti di qualità).
Insomma, il solito ottimo album di Axel Rudi Pell, niente di nuovo, ovviamente, ma al tempo stesso qualcosa con cui andare sul sicuro. Se avete apprezzato la sua carriera fino a questo punto questo “The crest” non farà che confermarvi quanto di buono pensavate già del biondo crinito chitarrista, altrimenti lasciate perdere, non cambierete certo idea dopo aver ascoltato l’album. Per fan…
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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